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venerdì 25 luglio 2014

La voce del cuore - Anna Grieco [short story]

La voce del cuore - Anna Grieco
Pagine: 31


TRAMA                       
Angelo è un Ascoltatore, riesce a sentire i pensieri delle persone. E' per tale motivo che viene scelto per un compito di vitale importanza: fare da guardiano alla macchina del tempo nascosta nelle viscere di Città del Vaticano. Accetta l'incarico, anche se consapevole che non potrà mai abbandonare il suo rifugio sotterraneo, ma in un solo giorno eventi inspiegabili metteranno in moto il Destino, e tutto verrà rimesso in discussione...


RECENSIONE                   
La voce del cuore è una short story che si legge in pochissimo tempo, grazie alla sua brevità. Ma non bisogna farsi ingannare dalle poche pagine, perchè il racconto è in realtà composto da vari intrecci. 
La scena con cui il libro si apre è uno sprazzo di vita quotidiana di una donna adulta, risvegliatasi da un incubo che le si ripropone sempre da quando suo marito e sua figlia sono morti in un incidente stradale. Sensi di colpa, solitudine e disperazione la spingono all'inevitabile.
La scena si sposta, poi, in Vaticano nei cui sotterranei è tenuta nascosta l'invenzione più rivoluzionaria di tutti i tempi: una macchina del tempo. In molti libri che ho letto recentemente viene riproposto questo tema: la possibilità di cambiare il futuro, di cambiare il passato e di migliorare la propria vita. Avere una seconda chance per rimediare ai propri errori è, evidentemente, un soggetto molto accattivante per l'uomo. Ma, in questa storia, l'umanità non ha accesso a questa possibilità, perchè è stata vietata qualsiasi rivelazione al riguardo e l'Ascoltatore, il protagonista, ha il compito di mantenere la situazione invariata.
Le due storie scorrono in parallelo e hanno in comune il flashback: mentre la donna rivanga nella sua mente per esibirci le cause del suo trama e farci rivevere ciò che ha sconvolto la sua vita, l'Ascoltatore ci mette a conoscenza degli avvenimenti del giorno in cui anche la sua vita è cambiata per sempre, facendolo diventare un recluso dedito a proteggere la macchina del tempo.
Sembrano due storie totalmente disparate e senza niente in comune, ma immancabilmente finiscono per incontrarsi, come due binari difettosi che si intrecciano invece di scorrere uno di fianco all'altro senza mai toccarsi.
Da quel momento in poi, ciò che sembrava abbastanza statico e descrittivo, diventa molto più frenetico e sembra di aver acceso la tv su un film iniziato da un pezzo, di cui noi vediamo solo uno sprazzo d'azione rapida e angosciante. Due situazioni di pericolo a cui mettere soluzione, corse contro il tempo e regole infrante.
Le ambientazioni e la caratterizzazione dei pochi personaggi sono, ovviamente, quasi nulle come è normale che sia in una storia breve di poche pagine, ma l'autrice riesce a dimostrare la sua dimestichezza muovendosi senza problemi tra presente e passato e tra due personaggi differenti che camminano uno verso l'altro.
Il finale è un lieto fine coi fiocchi, un messaggio speranzoso che ci dice che, qualche volta, si può avere una seconda possibilità.
Una storia piacevole e ben scritta che si legge in pochissimo tempo.


VOTO: 7

lunedì 21 luglio 2014

Le parole confondono - Giovanni Venturi

Le parole confondono - Giovanni Venturi
Pagine: 396


TRAMA                      
E' una mattina come tante a Milano, tranne che per Andrea, fermo sulle terrazze del Duomo, deciso a lanciarsi nel vuoto. La sua vita è arrivata a un punto di rottura. Scavando nel suo passato, scopriamo la sua storia: quella da adolescente all'ultimo anno delle superiori, in una Napoli che gli si incolla addosso con un evento traumatico, e quella da venticinquenne, in una Milano nebbiosa e troppo affollata che lo costringe a prendere in mano le redini della sua esistenza e darsi da fare. 
Se a Napoli viveva la sua dimensione di adolescente irrequieto, a Milano sarà l'amicizia con Francesco a consentirgli di orientarsi in una città a tratti ostile. Qui dovrà ripartire da se stesso, affrontando un segreto che credeva sepolto e dimenticato, ma sarà una scoperta sconvolgente sul suo migliore amico a spezzare quel precario equilibrio faticosamente raggiunto. Può un'amicizia resistere a un terribile segreto?


RECENSIONE                    
Un giovane uomo seduto sul bordo delle terrazze del Duomo, con le gambe penzoloni e lo sguardo perso nel vuoto in cui tra poco si butterà, ma non prima di aver raccontato la sua storia, o meglio le sue storie, svoltesi nei due anni più importanti della sua vita. Così mi sono immaginata Andrea, il narratore in prima persona di questa storia. 
La sua cronaca prende la forma di un diario di bordo e si muove repentinamente tra due differenti ambientazioni in spazio e tempo, compiendo sbalzi a cui ci si può facilmente adattare grazie alla datazione di ogni capitolo. L'anno ancora in corso è il 2010 e l'ambientazione è a Milano; il 2003 a Napoli rappresenta, invece, un passato più remoto, raccontato dal protagonista in un libro che viene letto nel 2010 dai personaggi e che noi seguiamo sprazzo per sprazzo, man mano che loro proseguono la lettura. Ciò che sembra una richiesta di compassione e aiuto, si rivela uno sfogo, per buttare fuori solo ciò che la carta riesce a contenere al meglio.
L'idea di un libro nel libro, di una storia scritta che si unisce a dei fonemi lasciati in balia vento dalla bocca del protagonista, costituisce un espediente originale che non subito avevo compreso, perchè al principio i capitoli sembrano saltare da un anno all'altro senza un criterio preciso.
Un altro elemento che non salta subito all'occhio è quanto le due ambientazioni, pur sembrando in notevole contrasto, abbiano delle analogie. In entrambe, infatti, Andrea vive in condizioni confusionali dimenandosi fra piccoli e grandi traumi che lo rendono emotivamente instabile. Le caratteristiche che spiccano di più nel personaggio sono, infatti, la sua insicurezza e la poca stima di sè; l'odio che prova per sè stesso sembra riversarsi all'esterno in piccole gocce che arrivano a far traboccare il bicchiere. 
E, mentre la criminalità a Napoli non stupisce, l'autore ci mostra come i pregiudizi siano sbagliati, come la gente possa essere cattiva e incline ai reati dappertutto, allo stesso modo in cui sono presenti le compagnie giuste e gli amici veri ad entrambi gli estremi.
Le ambientazioni sono, spesso, poco definite dal punto di vista fisico, mentre sono descritte approfonditamente da quello emotivo. Ci viene lasciato lo spazio per immaginarci da soli uno scenario, per definirlo poi con ciò che suscita nel protagonista. Non posso sapere se anche in questo caso si tratta di un espediente narrativo e non saprei se definirlo come un aspetto negativo o positivo: da una parte lascia libertà al lettore che preferisce concentrarsi sui fatti ed essere lui stesso lo sceneggiatore, dall'altra ostacola chi vuole trovare già tutto pronto su carta, per essere guidato e per essere sicuro di non sbagliare nella sua mente.
Nelle prime pagine, in mezzo al resoconto di avvenimenti disparati, sono numerosi i momenti in cui il
narratore si sofferma a parlare di sè stesso, svolgendo auto analisi molto approfondite. Si definisce come una persona che divaga molto, che si lascia prendere dalle parole per restarne confuso, gira intorno ai concetti e, come per non smentire questa descrizione, molte parti dei capitoli sono costituite da digressioni in cui si perde, seguendo un filo di pensieri tutto suo. Ciò fa sì che la prima parte del libro diventi un po' disordinata e difficile da far fluire, perchè spesso intralciata da questi ostacoli. Oltre al carattere e alla personalità di Andrea, anche il suo forte legame e attaccamento a Francesco viene ribadito e ripetuto più volte, rendendo il tutto un po' forzato.
Col proseguire della lettura, però, la linea del tempo sfila sempre più avanti e il ritmo aumenta al pari del coinvolgimento, perchè entriamo a contatto con i punti salienti della trama., arricchita da molte rivelazioni e scoperte, alcune inaspettate, altre più prevedibili, ma raccontate da un punto di vista talmente interno ai fatti da apparire nuove ai nostri occhi.
La narrazione si distacca molto dai dialoghi, perchè mentre la prima ha uno stile un po' più ricco, i dialoghi sono affidati ad un registro estremamente colloquiale, utilizzando anche qualche termine dialettale. Ciò li rende estremamente realistici : non vengono "modellati" per essere amalgamati col resto, vengono lasciati spontanei e veritieri, e qualche volta anche sboccati.
Nonostante i drammi e la crudeltà messe in luce da questo romanzo, il messaggio complessivo sembra un vero e proprio appello alla speranza. E' una storia che, se letta fino alla fine, irradia positività. Il finale è il classico lieto fine da fiaba che, se in un primo momento lascia con l'amaro in bocca, quando si gira l'ultima pagina ha già mutato forma, trasformandosi in un grande spunto di riflessione, che ancora adesso, mentre sto scrivendo, mi fa pensare. 
Si potrebbe interpretare in vari modi. Potrebbe essere un incitamento a non mollare, perchè se non riuscirai a salvarti da solo, qualcun altro potrebbe farlo per te, potrebbe entrare nella tua vita e ridarti uno scopo; ma allo stesso tempo potrebbe anche essere una dimostrazione di quanto sia stupido perdere il proprio tempo a distruggersi e quanto sarebbe meglio ricostruirsi da sè, rimettere insieme i propri pezzi, perchè solo quando sarai tutto intero e consapevole, riuscirai a vivere.
Le parole confondono mette molta carne al fuoco: affronta parecchi temi, alcuni in modo migliore di altri, basandosi su una grande cerchia di personaggi, ognuno ben caratterizzato.
E' un libro a tratti incerto, reso imperfetto da alcune pecche, ma che in più punti riesce a risollevarsi e a scorrere piacevolmente. Un libro sensibile, un libro fragile, da maneggiare con cura e soppesare con moderazione.


VOTO: 7

Ulteriori informazioni qui
ISBN e-book: 978-88-907559-4-1
Acquistabile suAmazonKoboinMondadoriLaFeltrinelliGoogle Play e su Apple iTunes/iBookStore
ISBN cartaceo: 978-1491037638
Acquistabile su: AmazoninMondadori

martedì 15 luglio 2014

Il visconte dimezzato - Italo Calvino

Il visconte dimezzato - Italo Calvino
Pagine: 91
Edizione: Oscar Mondadori


TRAMA                    
Il visconte Medardo di Terralba si presenta all'accampamento cristiano in Boemia per partecipare alla guerra contro i Turchi. Durante la prima battaglia si mette però incautamente davanti alla bocca di un cannone e viene dimezzato. I medici trovano una metà del visconte, la curano, e la rimandano a casa. Ma, presto, questa metà si dimostra cattiva e prepotente. Dopo un po', torna anche l'altra metà, troppo buona e altruista.


RECENSIONE                    
Fin dalle scuole medie mi sono sentita tartassare dagli insegnanti con Il visconte dimezzato, Il cavaliere inesistente e Il barone rampante e sono rimasta abbastanza stupita quando anche al liceo me l'hanno proposto. Perchè consigliare al liceo un libro che consigliavano anche alle medie, quindi adatto ad un pubblico di età inferiore? E solo leggendo ho potuto risolvere il quesito.
Ebbene sì, perchè Il visconte dimezzato è una storiella molto breve e semplice, di appena 90 pagine, che si legge in un soffio. E' introdotta da una prefazione altrettanto corta di Calvino stesso che ci spiega quale sia lo scopo della scrittura di un libro del genere: la voglia di far divertire il lettore, di non annoiarlo, di farlo sentire come se fosse piacevolmente seduto sui seggiolini imbottiti di un teatro per assistere ad una commedia.
La voce narrante è quella del nipote, all'epoca bambino, di Medardo che racconta tutti gli avvenimenti del passato. 
I personaggi sembrano proprio quelli di una rappresentazione teatrale, perchè sono abbastanza grotteschi e ognuno, pur essendo poco caratterizzato a causa della brevità della storia, ha le sue caratteristiche strambe. Quelli che mi hanno colpito di più sono il dottor Trelawney e Pamela. Il dottore non si sa perchè venga definito in tal modo, avendo degli interessi tutti suoi per i fuochi fatui nei cimiteri o gli insetti dei boschi, mentre Pamela è una contadinella che, senza evidente motivo, fa innamorare di sè entrambe le metà dei visconti e, non volendo nessuna delle due, si ritira a vivere nel bosco in compagnia della sua anatra e della sua pecora. Quest'ultima, pur sembrando un personaggio di minimo spicco, risulta essere estremamente essenziale per la risoluzione dei fatti, come fosse l'aiutante delle fiabe.
Nel romanzo sono presenti alcuni tratti storici, perchè si fanno riferimenti alla guerra contro i turchi, in cui il visconte resta dimezzato, e anche spesso alla divisione del paese tra Cattolici e ugonotti con due stili di vita
abbastanza differenti, ma entrambi afflitti dalle cattiverie di Medardo. La metà di uomo è, infatti, l'incarnazione della malignità e della spietatezza. Ma presto, giunge in paese anche l'altra metà, che è l'esatto contrario. La cosa interessante è vedere come, nonostante ciò che si possa pensare, le due metà non riescano a compensarsi, perchè mentre una è esageratamente cattiva, l'altra riesce ad essere poco piacevole pur essendo esageratamente buona. 
Questo dimostra come, nonostante la parvenza di essere una semplice rappresentazione a scopo di intrattenimento, l'autore voglia svolgere una specie di analisi nell'animo della persona. Le due metà, infatti, funzionano come lo yin e lo yang: valgono nella loro interezza solo se amalgamate, solo a quel punto complete, perchè se separate, risultano troppo estreme, respingendosi. 
Il finale è molto chiaro su questo messaggio e anche alcuni altri passaggi del libro in cui vi sono dialoghi abbastanza profondi su come solo conoscendo un'estremo, una metà di qualcosa, si possano vedere le cose da un diverso punto di vista e apprezzarne in seguito l'interezza. Rende chiaro qualcosa su cui non avevo mai riflettuto più di tanto ovvero come, analizzando a fondo una porzione di qualcosa, la si possa comprendere meglio di quanto si potrebbe farla considerandola tutta per intero.
E' un romanzo molto breve e penso di poter dire che l'autore ha raggiunto il suo scopo, perchè l'ho trovato piacevole e leggero. Una storia che si legge in un pomeriggio, ma che in poche pagine riesce a creare un personaggio divenuto leggendario insieme agli altri due de La trilogia degli antenati, il cavaliere inesistente e il barone rampante, che sono molto curiosa di leggere.

"Così si potesse dimezzare ogni cosa intera, così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l'aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai la metà di te stesso, e te l'auguro, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa."


VOTO: 7

domenica 13 luglio 2014

Love letters to the dead - Ava Dellaria

Love letters to the dead - Ava Dellaria
Pagine: 175
Edizione: Macmillan
Titolo italiano: Noi siamo grandi come la vita


TRAMA                    
Tutto inizia con un compito assegnato nei primi giorni di scuola: "Scrivi una lettera a una persona che non c'è più". E così Laurel scrive a Kurt Cobain, che May, la sua sorella maggiore, amava tantissimo. E che se n'è andato troppo presto, proprio come May. Per Laurel, la sorella era un mito: bella, perfetta, inarrivabile. Era il sole intorno a cui ruotava tutto, specie da quando i genitori si erano separati. Perderla è stato indescrivibile, qualcosa di cui Laurel non vuole parlare. Sulla carta, invece, si lascia finalmente andare. E dopo quella prima lettera, che non consegnerà all'insegnante, continua a scriverne altre, indirizzandole a Amy Winehouse, Heath Ledger, Janis Joplin. Soltanto a loro riesce a confidare cosa vuol dire avere quindici anni e sentire di avere perso una parte di sè, la paura e la voglia di avventurarsi in quel mondo nuovo che è la scuola, la magia di incontrare amiche che ti fanno sentire normale e speciale al tempo stesso. Finchè, come un viaggio dentro di sè, quelle lettere porteranno Laurel al cuore di una verità che non ha mai avuto il coraggio di affrontare. Qualcosa che riguarda lei e May. Qualcosa che va detto a voce alta: solo così Laurel potrà superare quello che è stato, imparare ad amarsi e trovare il coraggio di andare avanti.


RECENSIONE                   
Devo ammettere che la prima cosa che mi ha folgorato di questo libro è stato il titolo: Love letters to the dead. Ho scelto di leggerlo in inglese anche per questo, il titolo italiano Noi siamo grandi come la vita mi sembrava una copia del Noi siamo infinito già stra famoso. 
Le lettere alle persone morte, invece, dà molto più l'idea di ciò che effettivamente è questo romanzo epistolare, perchè ai morti si scrivono lettere che nessuno leggerà, lettere che non devono essere spedite, sono come un piccolo mondo che finisce a fondo pagina.
Inoltre, in questo caso c'è l'attrattiva derivata dal fatto che i destinatari siano personaggi famosi: attori, scrittori, poeti, ma soprattutto idoli della musica anni 60-70 come Kurt Cobain, Jim Morrison, Janis Joplin e anche più recenti come Amy Winehouse. Quasi tutti hanno in comune il fatto di essere morti prematuramente, talvolta uccisi dalle loro stesse dipendenze e vizi, perchè gli è mancato il coraggio di
affrontare il peso della notorietà, così come Laurel fatica a sostenere il peso del segreto che si porta dentro e che non ha il coraggio di lasciare andare: è il mistero che avvolge la morte di May, sua sorella e di cui Laurel riesce a parlare solo ai suoi idoli morti. Ne scopriamo sempre di più man mano che andiamo avanti, ci viene rivelato con parsimonia, briciola per briciola, scavando nel suo passato a partire dall'infanzia. Nelle sue lettere, infatti, si infilano  flash di giornate in famiglia, giochi con la sorella, tutto costituente una visuale quasi perfetta, un po' da Mulino Bianco. L'amore incondizionato e la totale adorazione della protagonista nei confronti della sorella maggiore sono così forti e puri da sembrare quasi incomprensibili, così come la loro relazione impeccabile. E' vero che può esistere un rapporto del genere tra fratelli e sorelle che, solitamente, litigano come cane e gatto? Non posso ignorare il fatto che questa domanda mi sia sorta più volte durante la lettura e che caratterizzi un'unica piccola crepa nella storia. Si avverte il contrasto, quando gli sprazzi di flashback riguardano il primo periodo dell'adolescenza e tutto comincia a crollare, in primis dall'unione familiare rotta dalla separazione dei genitori, fino ad arrivare all'evento traumatico della perdita. Proprio come in un romanzo di formazione, la protagonista cresce insieme al suo sfogo, che da essere inchiostro
diventa una vera e propria esplosione, una liberazione, urlata con rabbia.
Tutto questo viene amalgamato con la quotidianità di Laurel.
Le descrizioni delle ambientazioni sono praticamente assenti nella maggior parte dei casi, semplicemente accennate in altri, perchè l'autrice si concentra di più a raccontare i fatti che a descrivere in profondità.
In ogni caso, tutto si svolge in un unico paese e soprattutto all'interno dell'high school in pieno stile americano, che mi ha fatto venire una gran voglia di frequentarla. In un posto come quello che ci viene raccontato, sembra impossibile sentire il peso delle lezione. E' il luogo dei film in cui tutti sognerebbero di vivere almeno per un giorno: gli armadietti, la mensa, il piazzale di ritrovo dietro la scuola, dove solo alcuni possono permettersi di andare e dove Laurel si trova con il suo piccolo gruppetto che si rafforza sempre di più, tra pigiama party e lezioni saltate, feste private e non. 
Tutti i personaggi sono dei "regular weirdos", proprio come si definiscono loro stessi: non omologati, inseguono il loro stile e delle passioni, invece che la massa. C'è Kristen, che ha uno stile molto hippie e Tristan, che è un rocker. Natalie e Hanna che mi hanno ricordato tantissimo Emily e Naomi del telefilm Skins, anche fisicamente, oltre che per la relazione che hanno. C'è Sky, un ragazzo un po' misterioso che sembra il classico "bad guy" con il giubbotto di pelle, ma che in realtà non lo è. E infine c'è proprio la stessa Laurel, una ragazza adolescente con un carattere particolare. Tutti i pensieri che ha nella testa la rendono instabile e incapace di esprimerli ad alta voce senza che tutto si offuschi, senza fare confusione. E' insicura, perchè non è a suo agio con sè stessa; quando la conosci sa essere un'amica, ma non farà mai il primo passo. E' un personaggio che mi è piaciuto moltissimo, perchè non è costruito, esagerato, grottesco, è semplice e allo stesso tempo ha dentro di sè un mondo complicatissimo, proprio come un'adolescente vera,  e proprio per questo mi ci sono rivista molto, mi sono sentita compresa e meno sola. 
A parlarne così, nominando i vari stili di ognuno e le caratteristiche alternative che hanno, mi sembra di banalizzare il libro, di renderlo uno di quelli tutti uguali che si svolgono nelle high school americane e in cui viene inserita una manciata di personaggi un po' strani e praticamente senza midollo spinale, che non sanno di niente,  che fanno sempre le solite cose, girando tra party a base di alcol e marinando la scuola.
Ma anche se questi sono effettivamente i fatti, in questo libro vengono vissuti in modo diverso, con più animo, emozione e sentimento. 
Avvertiamo tutto ciò soprattutto grazie alla scrittura, che ho trovato calda ed avvolgente, ma soprattutto mai monotona, perchè ricca di "allegati"; non si ferma a raccontare come vanno le cose, ma gli da un contesto, delle aggiunte: talvolta si tratta di poesie, titoli di film, ma la maggior parte delle volte si parla di musica. E' come se il libro avesse una colonna sonora. Vengono nominati album, canzoni di qualsiasi tipo e ascoltate in qualsiasi occasione, passando dalla voce graffiante di Kurt Cobain alla voce bassa e soul di Amy Winehouse, dalle canzoni ascoltate di notte per addormentarsi a quelle urlate a tutto fiato dai finestrini della macchina.
Love letters to the dead è un libro ricco, un libro vivo che mi ha coinvolto e commosso. Un libro adolescente, che vale la pena di essere letto.


VOTO: 8/9

mercoledì 9 luglio 2014

Il grande Gatsby - Francis Scott Fitzgerald

Il grande Gatsby - Francis Scott Fitzgerald
Pagine: 246
Edizione: Minimum fax
Titolo originale: The great Gatsby


TRAMA                    
Il grande Gatsby ovvero l'età del jazz: luci, party, belle auto e vestiti da cocktail, ma dietro la tenerezza della notte si cela la sua oscurità, la sua durezza, il senso di solitudine. Il giovane Nick Carraway, voce narrante del romanzo, si trasferisce a New York nell'estate del 1922. Affitta una casa nella prestigiosa e sognante Long Island, brulicante di nuovi ricchi disperatamente impegnati a festeggiarsi a vicenda. Un vicino di casa colpisce Nick in modo particolare: si tratta di un misterioso Jay Gatsby, che abita in una casa smisurata e vistosa, riempiendola ogni sabato sera di invitati alle sue stravaganti feste. Eppure vive in una disperata solitudine e si innamorerà insensatamente della cugina sposata di Nick, Daisy.


RECENSIONE                    
Seppur lo abbia letto ancora a Giugno, ho voluto aspettare di vedere il nuovo film di Baz Luhrmann prima di scrivere la recensione, giusto per avere una visione più ampia su tutto.

"Eravamo andati tutti alle feste di Gatsby sospettando la sua corruzione mentre lui ci nascondeva il suo unico incorruttibile sogno."

Trovo che questa frase sia la più significativa per rappresentare il libro.
E' la storia di Jay Gatsby, un ospite misterioso di feste allucinanti e sfavillanti a cui non prende parte, ma su cui domina inosservato, scrutando i presenti con l'enorme aspettativa di scorgere tra quei visi l'unico che vorrebbe vedere: quello di Daisy, il suo grande amore che ha aspettato per cinque anni e che ancora sta aspettando.
Per quanto riguarda i temi trovo che, appunto, quello dell'amore sia il più rilevante e quello che più fa sognare il lettore. Per Gatsby, avere Daisy è un sogno incorruttibile, come detto nella frase, una fiamma che dura negli anni, che attraversa anche la guerra e non si spegne. Legati a quello dell'amore, vi sono i temi del sogno e della sperenza; quello di Fitzgerald sembra quasi un invito a inseguire i nostri desideri e far sì che si realizzino con qualsiasi mezzo possibile.
 Gatsby era un bambino cresciuto nella povertà che guardava il cielo dalla finestrella della sua baracca e sapeva che un giorno anche lui sarebbe entrato a far parte di quell'immensità che gli si estendeva davanti. 
Con tutti i mezzi possibili, legali e non, costruisce la sua fortuna, salendo sempre di più i gradini della scala sociale in un'arrampicata degna di uno scalatore, arrivando ad edificare un enorme palazzo sulla costa di West Egg, proprio di fronte alla costa di East Egg, su cui sorge quello di Daisy. L'immagine più bella è quella di Gatsby sul pontile che si estende sull'acqua, di notte, che allunga il braccio come se cercasse di afferrare la luce verde del faretto che arriva da casa di Daisy, come se solo quel gesto potesse annullare la distanza degli anni e della baia che li separa.
Oltre a questo, le vicende si svolgono in un continuo andirivieni tra West e East Egg, New York e la Valle Delle Ceneri fornendoci numerosi flash su alcuni aspetti della società degli anni venti. Quello che mi ha colpito di più è stato il contrasto tra la classe sociale alta e quella dei lavoratori, che ritroviamo nella Valle Delle Ceneri, un luogo che sembra quasi inventato, con grandi montagne di ceneri su cui i lavoratori si danno da fare, tutti neri sul viso e sul corpo, anche sotto il sole cocente e, di fronte a questi mucchi, l'officina meccanica di Wilson che supplica sempre per farsi vendere una macchina di grande pregio, per arricchirsi. 
I nuovi ricchi sono, invece, l'esatto opposto. Li possiamo trovare, tutti insieme, alle feste di Gatsby che sembrano quasi dei circo pieni di fenomeni da baraccone che vivono nel lusso, in un proibizionismo che non proibisce niente, nello sfarzo, tra balli e sbronze e soprattutto tanta, tantissima frivolezza. 
Un po' tutti i personaggi del libro, a eccezione di Gatsby, sono così. Pieni di vizi e difetti, sono abbastanza numerosi e tutti adulti, eppure l'unica cosa che sono riuscita a vedere è stata la loro immaturità e mi è risultato praticamente impossibile non odiarli. Daisy in primis, che dagli occhi di Gatsby è quasi la donna angelo dello stil novo, si rivela una svampita, succube dell'agio in cui vive, una madre poco presente e una nata indecisa, incapace di prendere una posizione, un carattere talmente infimo, che viene riscattato solo con la sua bellezza eterea e con la dolcezza ipnotica della sua voce; per non parlare di suo marito, Tom, un ignorante presuntuoso.
Ma il loro aspetto negativo più messo in luce è l'ipocrisia. In un modo o nell'altro, tutti sono degli immensi ipocriti, chi nei confronti di sè stessi e chi nei confronti di Gatsby. Intorno a quest'ultimo, infatti, è sviluppato in modo rilevante e toccante il tema della solitudine: quando la festa finisce, il sipario cala, tutti gli ospiti spariscono per non essere più rivisti, se non alla prossima festa e, soprattutto nel finale, ovvero nel momento del bisogno, è chiaro quanto sia grande l'abbandono di questa gente, che dopo aver approfittato dalla generosità altrui, non è disposta a ricambiarla.
Chi ci narra di tutti questi temi, sviluppati attorno a varie vicende, è Nick Carraway un personaggio che, pur salvandosi dall'avere un'infima personalità come tutti gli altri, è un personaggio molto poco rilevante. E' uno spettatore inattivo e poco partecipe e proprio a causa di ciò, la sua narrazione è fredda e distaccata. Il libro ha, infatti, deluso in parte le mie aspettative, perchè i temi trattati sono molto belli, i personaggi particolari, la trama abbastanza ricca, ma la narrazione è totalmente insapore. Ci vengono forniti pochi dettagli, le descrizioni dei personaggi sono poco approfondite e deve essere il lettore a scavare e trarne qualcosa di più concreto. Ma soprattutto, mi ero aspettata un romanzo più "colorato" e più vivo: un turbinio di passione per la storia d'amore, un'esplosione di glitter, scintille e musica assordante nelle feste di Gatsby. Non ho ritrovato niente di tutto ciò: il periodo degli anni venti con tutti i suoi vestiti e il suo make up abbagliante appare sbiadito ai nostri occhi. 
A questo punto è impossibile non fare il confronto con il film, che è un vero e proprio arcobaleno. Un film pazzo, molto audace, quasi esagerato e molto molto moderno, in cui tutto è accompagnato dalle musiche riadattate di cantanti pop come Will.i.am o Fergie, dai ritmi scoppiettanti e dai bassi che pompano in alternanza con la lieve e profonda voce di Lana del Rey. Le ambientazioni, i vestiti, i costumi sono perfetti, luminosi, brillanti.
Il finale del libro è inaspettato, drammatico e triste. Mi è piaciuto e penso che possa riscattare la narrazione un po' povera.
Il grande Gatsby è in definitiva un romanzo che merita di essere considerato un classico, ma che alle prime, devo ammetterlo, mi aveva delusa. Non ero soddisfatta di ciò che avevo letto e solo dopo una riflessione abbastanza prolungata sono arrivata ad apprezzarlo, perchè sotto la voce indifferente di Carraway si cela comunque un grande romanzo sull'amore, sulla solitudine e sul destino avverso che spesso colpisce chi lo merita meno.



VOTO: 8

martedì 8 luglio 2014

I rami del tempo - Luca Rossi

I rami del tempo - Luca Rossi
Pagine: 158


TRAMA                    
Una pioggia di schegge stermina il popolo dell'isola di Turios. Si salvano Bashinoir, gravemente ferito, sua moglie Lil e la sacerdotessa Miril. Vorrebbero dare degna sepoltura ai propri cari, ma i cadaveri sono scomparsi. L'unica speranza di salvezza risiede nelle protezioni magiche del Tempio. 
Tuttavia devono far fronte a minacce oscure. Un'ombra infesta i loro cuori per dividerli e distruggerli. I loro corpi sembrano perdere sempre più consistenza. Alla vicinanza tra le due donne si contrappone il sempre più marcato isolamento di Bashinoir. Nel regno di Isk, maghi e consiglieri devono sottostare all'insaziabile ingordigia di sesso, guerra e potere di re Beanore. L'ultima delle sue giovani mogli, tuttavia, non si dà pace per la libertà e l'amore perduti. Potranno i giochi e gli inganni sotto le lenzuola essere la chiave di svolta di una guerra millenaria?


RECENSIONE                    
Sono stata contattata personalmente dal gentilissimo e disponibile autore Luca Rossi per leggere e recensire il suo libro e, quando ho letto la trama, non stavo più nella pelle perchè mi ispirava molto il genere fantasy ricco di mistero preannunciato dalla trama.
La prima cosa che si nota leggendo questo libro è, sicuramente, la rapidità. Il ritmo è infatti molto accelerato, i capitoli brevi si susseguono frenetici, scorrendo piacevolmente anche grazie alla scrittura semplice, ma non superficiale, dell'autore. Questa veloce narrazione ci coinvolge sempre di più man mano che proseguiamo, perchè gli intrecci crescono notevolmente. I rami del tempo infatti è composto da più luoghi in cui si svolgono parallelamente due storie collegate fra loro e unite a stralci del passato. Gli sbalzi temporali e spaziali sono estremamente repentini e talvolta inaspettati: essendo i capitoli brevi, tanto da sembrare quasi short stories a sè stanti, più scene che si svolgono nello stesso posto e allo stesso momento vengono suddivise in più capitoli, a volte messi uno di seguito all'altro, a volte alternati con quelli che riguardano la storia parallela, senza un ordine ben preciso. Vi sono inoltre due capitoli molto brevi in cui vediamo una scena molto strana, di due fratelli che svolgono azioni poco definite che sembrano riguardare la magia, ma che non sembrano centrare con nient'altro di ciò che viene raccontato. Non sono riuscita a capire il motivo di questi stralci, ma forse ogni cosa verrà chiarita nel secondo volume.
Questa molteplicità crea un po' di confusione, ma devo dire che può anche essere vista come una tecnica studiata per spingere il lettore a proseguire per arrivare al termine di ciascuna delle vicende.
Le ambientazioni sono l'isola del Sud e l'isola del Nord (di cui abbiamo una visuale completa e approfondita del presente, e stralci del passato) e sono entrambe ben fatte.
 Me le sono immaginata l'una di fronte all'altra, ma separate da un selvaggio oceano, e tra le quali la nostra "telecamera" si sposta per focalizzarne gli avvenimenti. 
I due luoghi sono estremamente diversi fra loro sia per l'ambiente, che per lo stile di vita. 
L'isola del Sud, Turios, ci viene illustrata come un paesaggio prevalentemente verde, ricco di boschi e colline innevate e circondata dall'oceano. Un'oasi di pace su cui regna un grande tempio e in cui gli abitanti vivono tranquillamente le loro vite, fino al giorno della pioggia di schegge. L'ambiente che ci troviamo davanti agli occhi appena leggiamo la prima pagina, infatti, cambia repentinamente diventando leggermente apocalittico: i corpi straziati che spargono sangue sulla neve e, in seguito, un vento furioso che sferza sulle porte del tempio, che diventa come una prigione per i tre sopravvissuti. Il tempio è descritto come un luogo caldo, e sono riuscita ad immaginarlo vividamente: i camini in ogni stanza, i mosaici degli dei alle pareti. 
Un'isola che, pur nell'atmosfera di pericolo e mistero che la avvolge, riesce ad essere ancora vista come pacifica e confortevole, non può che essere in contrasto con il regno di Beanor al Nord, in cui prevale la lussuria e la crudeltà spietata. 
E' in questo luogo che l'autore sviluppa il tema dell'erotismo. Non è da me, solitamente, molto apprezzato, ma penso che qui sia stato essenziale per mettere in luce la fame di vizi e l'atmosfera peccaminosa che grava sul palazzo del re. Inoltre, non l'ho trovato invadente e nemmeno esagerato, come in certi casi tende a essere, e non ha grande rilevanza nel romanzo che è apprezzabile per molti altri motivi.
Per quanto riguarda i personaggi devo dire che un'abilità di Luca Rossi è, sicuramente, quella della caratterizzazione e di analisi dei sentimenti.
I personaggi del Sud sono, chiaramente, solo i tre sopravvissuti: Bashinoir, Lil e Miril. Quello che viene descritto meglio è, ironicamente, quello che nella storia viene lasciato da parte, ovvero l'unico uomo rimasto. Possiamo percepire tutto il suo cambiamento; tranne per l'amore per Lil che resta invariato, tutto muta: dalla sensazione di sicurezza e protezione del tempio in cui sottostà alle cure della sacerdotessa, arriviamo in seguito a percepire tutta la sua confusione e solitudine, il suo desiderio di riprendersi ciò che ha perduto, i dubbi e le angosce che pian piano arrivano a tormentarlo. Mi è piaciuta meno Lil, che mi è sembrata troppo debole e vulnerabile per il ruolo che si ritrova a svolgere ed è un po' troppo indifferente agli eventi, vi assiste e prende parte senza particolari prese di posizione e ribellioni. La sacerdotessa è un personaggio ambiguo, perchè lascia trasparire molto poco le proprie emozioni, e possiamo interpretare le sue azioni in modi differenti ogni volta. L'ho vista come un personaggio quasi esoterico, con il suo aspetto da divinità celtica, i lunghi capelli biondi e il corpo snello avvolto nella tunica bianca.
Il personaggio del nord meglio definito è, sicuramente, il re Beanor di cui nel percorso del libro vediamo anche un piccolo stralcio significativo del suo passato. La sua fame di potere e lussuria sono insaziabili, la sua crudeltà è immensa. Mi sono piaciute molto anche le figure della sua prima e ultima sposa entrambe non succubi, ma determinate ad ottenere ciò che vogliono e nonostante questo, in contrasto, poichè una rema a favore del re, l'altra contro.
A questi elementi va aggiunta tutta la serie di eventi che vi ruotano attorno, tra cui si può inserire il tema della magia con i viaggi in astrale, i rituali e anche il viaggio nel tempo. Le situazioni del passato di cui leggiamo sono appunto dovute a questo. E' stato interessante vedere come vengano messe in luce le conseguenze drastiche che può avere uno dei più grandi sogni irraggiungibili dell'uomo. C'è, però, un elemento su questo viaggio che mi ha lasciato un po' scettica e che non ho ben capito, ma che forse verrà chiarito in seguito.
Il finale è assolutamente scioccante, perchè proprio quando la narrazione arriva al suo culmine e sia a Sud che a Nord stanno accadendo eventi che potrebbero cambiare il corso di ogni cosa, il libro termina. Non posso dire che non sia stato inaspettato, una mossa veramente intelligente dell'autore per far sì che il lettore sia praticamente obbligato a leggere il secondo libro. E con tutte queste questioni lasciate in sospeso, è rimasta anche a me l'acquolina in bocca.
Seppur con qualche pecca, la storia mi ha colpito molto e non vedo l'ora di leggerne il seguito.


VOTO: 8

Il sentiero dei nidi di ragno - Italo Calvino

Il sentiero dei nidi di ragno - Italo Calvino
Pagine: 148
Edizione: Mondadori


TRAMA                    
Dove fanno il nido i ragni? L'unico a saperlo è Pin che è orfano di entrambi i genitori e conosce molto bene la radura nei boschi in cui si rifugiano i piccoli insetti. E' lo stesso posto in cui si rifugia lui, per stare lontano dalla guerra e dallo sbando in cui ritrova il suo piccolo paese. Ma nessuno può davvero sfuggire a ciò che sta succedendo qui e nel resto d'Italia. Neppure Pin. Ben presto viene coinvolto nella Resistenza e nelle lotte dei Partigiani, sempre alla ricerca di un grande amico che sia diverso da tutte le altre persone che ha conosciuto. Ma esisterà davvero qualcuno a cui rivelare il suo segreto?


RECENSIONE                   
A scuola mi è stato assegnato Calvino come lettura obbligatoria per l'estate, ma quando la prof ci ha parlato di certe sue trame, come quella di Città invisibili e Palomar ho deciso che lo avrei letto anche se non fosse stato obbligatorio. 
Mi è stato lodato per le sue storie di inventiva, in cui si lavora di fantasia e si lascia libero l'emisfero destro
del cervello: quello colorato, dell'inventiva, dei sogni. Ma mi è stato anche detto di cominciare dal suo primo romanzo e solo dopo averlo letto ne capisco il perchè: Il sentiero dei nidi di ragno è la perfetta manifestazione del lasciar prevalere l'emisfero sinistro, quello della ragione, della logica, del calcolo. 
Calvino ci parla di eventi estremamente realistici, parte della storia che studiamo sui banchi di scuola. Non viene nominato un paese, nè l'anno preciso in cui si svolge, ma è facile dedurlo da sè: è il novecento della resistenza italiana, dei tedeschi, dei partigiani, dei fascisti. Su questo sfondo, viene creata una storia inventata vissuta dagli occhi del protagonista, Pin, un bambino di cui non conosciamo l'età precisa, ma sappiamo essere un giovane cresciuto troppo in fretta e che continuerà a crescere nel corso del romanzo in un inquietante contrasto fra i suoi pensieri innocenti e le sigarette e parolacce che gli riempono la bocca, e in seguito tra la sua purezza e le armi che tiene in mano. Pin ha un linguaggio sboccato, provocatorio che crea un divario tra il registro basso, la maggior parte delle volte dialettale, che costituisce i dialoghi e quello medio/alto della narrazione.
La sua crescita forzata è dovuta al grezzo e duro contesto in cui vive e dalle compagnie di cui si circonda. Venendo respinto dagli altri bambini, a causa del suo caratteraccio: la sua infanzia è un'altalena fra la sua camera, l'osteria e le vie del povero carrugio; tra il tramezzo di fianco al letto attraverso il quale spia la sorella prostituta a letto con gli uomini, tra i racconti sconci e i canti spinti degli adulti bevitori, e gli improperi che gli vengono urlati per strada a causa delle sue misfatte.  
In un contesto simile, il bambino non può che finire in contatto con l'attualità e i crudi avvenimenti che gli si svolgono intorno. Presto si ritrova a dover fare i conti con la guerra vera e propria, con la prigione politica, i fascisti e i loro violenti interrogatori e dalla compagnia dell'osteria, passa alla compagnia di una sgangherata brigata di partigiani. 
L'abilità di Calvino è quella di creare dei personaggi veritieri e vividi, ognuno con la sua particolarità strana e li chiama per soprannome, in modo che siano ancor meglio identificati: così come nel carrugio c'era Pietromagro il ciabattino e Miscel il francese, nella brigata viene in contatto con Lupo Rosso, leggendario partigiano dal carattere forte e ribelle, Pelle coi suoi occhietti lucidi e raffreddati, opportunista e affamato di armi. Di questo sfortunato distaccamento i due che mi sono piaciuti di più sono stati il Dritto e Cugino, perchè a mio parere sono quelli che sono descritti in modo più approfondito, con una migliore introspezione e analisi dell'animo. Il Dritto è il comandante, una personalità altamente ambigua: visto da fuori ha l'aria malata e debole, ma quando apre bocca per impartire gli ordini è deciso e rispettabile. Allo stesso tempo, dentro di lui c'è una grande tempesta, perchè la sua determinazione contro i tedeschi soccombe, spesso, sotto il peso della grande incompletezza che lo affligge; cerca la compassione altrui, ammettendo con estremo vittimismo di essere malato, di non avere le forze.
Cugino è un Dottor Jeckyll e Mr. Hide. E' l'eletto "assassino" che, da solo come un cecchino, parte per le sue missioni contro i nemici con grande determinazione, ma anche grande tristezza negli occhi. Pin, dai suoi occhi puri, lo vede come un gigante buono, l'uomo con la corporatura robusta e la lunga barba che lo salva dalla solitudine del bosco, l'unico in grado di interessarsi ai nidi di ragno.
A proposito di quest'ultimi, quella del sentiero in mezzo al bosco è stata l'ambientazione che ho apprezzata di più. Mentre tutti gli altri sono paesaggi cupi, smorti e rovinati che l'autore si limita a descrivere in poche righe, quello del bosco è il più luminoso e vivo. Con gli occhi di Pin sembra di entrare in una foresta incantata, il suo unico rifugio dalla crudeltà del mondo.
Di notte e di giorno, lui si sente nel suo habitat irraggiungibile, nel posto ideale per far viaggiare la sua fantasia di bambino lontano dalle sparatorie e dalle retate.
Il sentiero dei nidi di ragno sarebbe un libro come molti altri, una cronaca di fatti storici, se non fosse per l'animo dei personaggi che vi si muovono dentro, che non sono solo macchine da guerra, ma persone che riusciamo a percepire palpabili, come se fosse davanti a noi.
Una lettura scorrevole, anche se ci ho messo un po' a farla ingranare, che mi ha invogliato a esplorare altri romanzi dell'autore per avere una vista più ampia sul suo stile.


VOTO: 7/8

domenica 6 luglio 2014

Diary - Chuck Palahniuk

Diary - Chuck Palahniuk
Pagine: 168
Edizione: Mondadori
Titolo originale: Diary


TRAMA                   
Da quando ha sposato Peter, enigmatico compagno di corso alla scuola d'arte, Misty è venuta ad abitare sull'idilliaca Waytansea Island. Ora Peter, dopo un oscuro tentativo di suicidio, giace in coma all'ospedale. E misty tiene un diario per quando (semmai) tornerà alla coscienza. Ma - trattandosi di un'opera di Chuck Palahniuk - è inevitabile che il contenuto del diario sia molto bizzarro: misteriosamente cominciano a sparire una dopo l'altra alcune stanze delle case per le vacanze della zona che Peter aveva ristrutturato. Misty, con l'aiuto di un grafologo, scopre che sulle pareti delle stanza (in realtà murate) sono stati scribacchiati messaggi terribili e minacciosi che a poco a poco svelano verità sconvolgenti su di lei e sul suo destino.


RECENSIONE                    
Dopo aver letto Invisible Monsters, libro che mi ha folgorato su quanta genialità possa essere racchiusa nella mente di uno scrittore, ho capito che Chuck Palahniuk, re delle trame contorte, era nei posti papabili ad entrare nella top five dei miei scrittori preferiti. Ma prima di dargli questo privilegio, dovrò logicamente leggere altri suoi libri e ho deciso di partire con Diary. Penso di averlo scelto perchè la sua trama aveva qualcosa di macabro che mi attira particolarmente in questo periodo, in cui sono affamata di thriller, e devo dire che in quanto al fattore dell'inquietudine sono rimasta abbastanza soddisfatta.
Innanzitutto l'ambientazione è assolutamente perfetta. Ci troviamo su un'isola di nome Waytansea, "una lisca di pesce come la disegnerebbe un bambino: lo scheletro di un pesce, con la testa da una parte e la coda dall'altra. In mezzo, la lunga spina dorsale attraversata dalle costole. Immaginati questo pesce come un'isola ricoperta di case. (...) La testa è la piazza del paese, con il traghetto che va e viene dal porto, ovvero la bocca del pesce. L'occhio del pesce sarebbe l'hotel, e intorno a quello l'alimentari, il ferramenta, la biblioteca e la chiesa."
Penso che questo stralcio rappresenti alla perfezione la capacità descrittiva di questo autore, capace di metafore così vivide da poterci far immaginare ogni cosa così com'è, tutto preciso e minuzioso in ogni piccolo dettaglio (che qui ho omesso, o mi avrebbe occupato tutta la recensione). Solitamente non mi piacciono le descrizioni lunghe, ma se sono ben fatte le trovo sempre piacevoli, perchè trovo che in un libro nulla debba essere lasciato al caso: mi piace poter vedere davanti ai miei occhi tutto, con precisione, ed essere guidata in questo.
Nell'originale contesto vengono inseriti personaggi altrettanto fuori dalla norma, completamente anormali, dove l'unica sana di mente (almeno all'inizio!) sembra essere la narratrice e scrittrice del diario, Misty.
Misty è una donna abbandonata a sè stessa, delusa dalla vita e dal marito che tenta il suicidio facendola sentire inutile, destinata ad una vita di cameriera a cui cerca di evadere bevendo. Ma a sua insaputa, l'isola e i suoi abitanti le hanno assegnato un compito più importante: dipingere.
E tutti, comprese la suocera psicopatica e la figlia appena adolescente ancora più strana, tenteranno l'impossibile per farglielo fare.
La donna racconta gli avvenimenti giorno per giorno nel suo diario, destinato al marito, con un linguaggio aspro e arrabbiato, estremamente realistico, schietto: tipico di Palahniuk.
Vengono inseriti anche sprazzi del suo passato, tutto ciò che riguarda la sua infanzia di povertà, il suo talento per la pittura e la relazione con suo marito.
Una relazione assolutamente anormale, con un uomo un po' morboso e misterioso, una storia che aggiunge un altro pizzico di mistero, ma che alza anche il livello del libro con dei dialoghi e degli scambi di battute degni di nota.
Oltre a questo ci racconta del suo lavoro, delle sue visite alle case dalle camere scomparse, piene di scritte quasi "minatorie", profezie di morte e improperi. Nel corso del libro nascerà un legame tra queste scritte e altre, lasciate nei libri della biblioteca, scritte sui tavoli del ristorante dell'hotel, nei libretti della chiesa fino a creare una specie di caccia al tesoro inquietante.  
In queste imprese è accompagnata dal grafologo Angel, il cui nome è tutto un programma, la solita ironia di questo autore, perchè Angel cercherà di "redimere" Misty, ma in realtà la sua presenza darà vita ad una svolta abbastanza drammatica per la stabilità mentale della protagonista. Ancora una volta, niente è come sembra e questo cambiamento è totalmente inaspettato, il classico segreto che quando viene svelato ci lascia imbambolati per un attimo e poi ci fa ridere per la sua parvenza di irrealtà.
Mi aspettavo un finale quasi tragico, ma in un libro di questo tipo ogni nostro pensiero di una possibile soluzione verrà immancabilmente demolito e si termina con un avvenimento abbastanza surreale e "malato" proprio come avrebbe dovuto essere.
Chuck Palahniuk è davvero un genio del male e solo chi ha voglia di restare veramente stupito può affrontare questo libro, e io ho voglia di restarlo ancora una volta: per questo ho già pronti altri tre suoi libri nel mio scaffale.


VOTO: 8,5 

venerdì 4 luglio 2014

Angeli e demoni - AAVV

Angeli e demoni - AAVV
Pagine: 96
Edizione: La mela avvelenata


TRAMA                    

Dodici racconti, per altrettanti autori, che esploreranno le mille sfaccettature del Bene e del Male. Chi sarà a trionfare in questa millenaria battaglia? Angeli o demoni? L'esito apparirà da subito incerto, perchè non sempre ciò che sembra corrisponde a realtà... 


RECENSIONE                   

E' sempre un piacere ritrovarmi a recensire qualcosa di questa casa editrice così disponibile e produttiva, perciò oggi sono felice di parlarvi della loro nuova antologia Angeli e demoni
E' composta da dodici racconti che, nonostante la varietà di personaggi, non sono messi alla sprovvista, ma legati da ciò che sembra un filo conduttore. Infatti, a parte il tema principale, ovvero il divario tra il mondo del Bene e del Male, ci sono alcuni aspetti comuni nei racconti. Come, per esempio, elementi del genere romance presenti in La chiave di Valentina Brin in cui il protagonista, un demone, cerca la sua anima gemella nel mondo angelico, grazie alla quale, divorandone il cuore, riacquisterebbe tutto il suo potere. Ma come detto nella trama, non sempre ciò che sembra corrisponde alla realtà, e si viene stupiti da un finale abbastanza romantico e con scene che si potrebbero riadattare anche al mondo umano.
Ho trovato interessante e un po' ribelle la scelta di creare un amore fra due mondi avversi e ho apprezzato il fatto di ritrovarlo in altri due racconti: Amael di Anna Grieco e Punti di vista di Angela d'Angelo. Il primo mi è piaciuto moltissimo, perchè con grande sorpresa e piacere ho ritrovato alcuni dei personaggi della saga Red Passion; la storia, seppur breve, mi è sembrata piena di sentimento e spero di ritrovarne accenni nel prossimo libro. L'autrice, nonostante avesse poca libertà di ampliare, è riuscita in poche pagine a illustrarci un personaggio ben definito e con gran carattere: Amael, una demone delle schiere di Lilith, segretamente innamorata di Uriel, angelo della vendetta. Il secondo è il romanzo che ci apre le porte al mondo dell'antologia, essendo il primo. E' molto breve, ma il finale riesce ad essere comunque una sorpresa.
Un'amore molto dolce si ritrova in Anche i demoni hanno un cuore? di Giulia Borgato che nonostante la brevità, è piena di emozione.
L'elemento romance raggiunge il suo culmine nell'ultimo racconto dell'antologia Tradimento che è pienamente erotico, giusto per concludere letteralmente "col botto". E' una storia spietata, abbastanza macabra, che la accomuna a Il pasto di Fiorella Rigoni pienamente rientrante nella categoria degli horror splatter con grandi quantità di sangue. Ho ritrovato la natura bestiale del demone della Lamia che avevo visto anni fa in un film, creatura leggendaria che viene racchiusa in un contesto moderno. Infatti, le parole del racconto nascondono una morale: non fidarsi delle chat, argomento molto discusso negli ultimi tempi.
Due insegnamenti importanti li ho ritrovati anche in Fenrir il disobbediente di Sabrina Parodi e La custode di Joanne di Giorgia Penzo e sono rispettivamente l'uguaglianza di tutti gli uomini, indifferentemente dall'orientamento sessuale e la brutalità del mondo della droga. Sono degli argomenti molto attuali, che illustrano alla perfezione come degli esseri leggendari e fantastici quali angeli e demoni, possano essere inseriti nell'attualità dei nostri giorni senza sembrare fuori luogo. 
Queste due short stories hanno in comune anche la ribellione: Fenrir è un demone spietato che sacrifica la sua reputazione in nome della giustizia, rivoltandosi contro dei giovani che discriminavano degli omosessuali, mentre Joanne è una ragazza in rischio di morte a causa dell'eroina, osservata silenziosamente dal suo angelo custode, che sovvertendo tutte le regole, tenterà l'impossibile per cambiare il destino.
L'angelo custode è un elemento molto cristiano, che avevo trovato fino ad ora sono nelle preghiere, e di cui non avevo mai visto i lati più profondi, cosa che mi sono ritrovata davanti agli occhi leggendo La maledizione del custode di Valentina d'Asta che entra nell'animo dell'angelo, spiegandoci quanto sia brutto vedere crescere, affezionarsi e proteggere una persona senza poter entrare nella sua vita, per poi vederla irrimediabilmente morire.
La conquista di Asia Francesca Rossi  e Il patto della regina Marie Antoniette di Marta Savarino  contengono l'elemento storico. Ambientati l'uno nella Sicilia dell'800 e l'altro a Versailles nel 1789 inseriscono personaggi inventati su sfondi di avvenimenti passati. Il primo lancia un messaggio di uguaglianza tra le religioni; il secondo è un riadattamento di un breve sprazzo della vita quotidiana di Marie Antoniette che entra a far parte del mondo dei demoni per salvare la sua anima da una morte sotto la ghigliottina. Seppur breve ha delle descrizioni abbastanza vivide e ha dei contesti ben definiti. Un tema che troviamo qui è la tentazione dei vizi carnali a cui cede anche l'angelo di Damnatio Divinus di Giordana Ungaro in cui una coppia di angeli si ritrova a doversi salvare dalla dannazione a causa di un peccato provocato dal loro amore.
Un'antologia scorrevole, breve, leggera ed interessante, ma non per questo frivola. Mi è sembrata molto ben pensata, i testi son ben distribuiti e mi sono piaciuti praticamente tutti, anche se alcuni meno, com'è normale che sia. 
Una cosa che ho notato è un salto di qualità dalle antologie precedenti: la scrittura mi è sembrata più "matura" e anche la varietà di alcuni particolari mi è sembrata pescata da un calderone più grande. 
Sono curiosa, perciò, di leggere le prossime uscite della casa editrice.


VOTO: 8

giovedì 3 luglio 2014

Se ti abbraccio non aver paura - Fulvio Ervas

Se ti abbraccio non aver paura - Fulvio Ervas
Pagine: 319
Edizione: Marcos y Marcos



TRAMA                    
Il verdetto di un medico ha ribaltato il mondo. La malattia di Andrea è un uragano, sette tifoni. L'autismo l'ha fatto prigioniero e Franco è diventato un cavaliere che combatte per suo figlio. Un cavaliere che non si arrende e continua a sognare.
Per anni hanno viaggiato inseguendo terapie: tradizionali, sperimentali, spirituali. Adesso partono per un viaggio diverso, senza bussola e senza meta. Insieme, padre e figlio, uniti nel tempo sospeso della strada. Tagliano l'America in moto, si perdono nelle foreste del Guatemala.
Per tre mesi la normalità è abolita, e non si sa più chi è diverso. 
Per tre mesi è Andrea a insegnare a suo padre ad abbandonarsi alla vita. Andrea che accarezza coccodrilli, abbraccia cameriere e sciamani. E semina pezzetti di carta lungo il tragitto, tenero Pollicino che prepara il ritorno mentre suo padre vorrebbe rimanere in viaggio per sempre.


RECENSIONE
L'autismo era per me una specie di leggenda metropolitana. Riescono a memorizzare tutto ciò che leggono, non si dimenticano niente, erano questi i "miti" che conoscevo. 
Dopo aver letto Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte ho capito che dietro c'era molto di più e sono rimasta totalmente interessata all'argomento. Questo libro mi aveva colpito per il titolo fin dal primo momento in cui lo sentii nominare, ma solo quando ho letto la trama e ho visto che parlava di questa malattia mi sono decisa a comprarlo.
Se ti abbraccio non aver paura è la cronaca dettagliata di una storia vera, un viaggio non programmato in
America, in cui si vive alla giornata. Tutto viene documentato dalla macchina fotografica del padre di Andrea, tutto si stampa nella sua testa, quasi meglio che in quella del figlio autistico. Il fatto che la narrazione sia in prima persona e affidata a qualcuno di così strettamente legato al ragazzo è molto utile per seguire i processi di una mente estremamente particolare e per lo più sconosciuta, anche ai medici che se ne occupano.
Molti aspetti che avevo già trovato in altri libri vengono riportati anche qui: particolari approcci con i colori, l'ordine maniacale. Quello che mi ha colpito di più è stata la difficoltà nella comunicazione; mi sono immaginata come per un padre, per una persona che vuole conoscere il ragazzo, possa essere difficile e anche doloroso il non poter conversare con loro. La vicinanza aiuta però a capire un linguaggio tutto loro, un linguaggio che Andrea, per esempio, mette in atto attraverso disegni su qualsiasi superficie o con le espressioni del viso.
Un aspetto che non avevo mai trovato e che in questo libro è spiegato molto bene è lo stato d'animo della persona affetta dall'autismo. Spesso si considerano i sintomi, le cose che si possono rilevare scientificamente, ma raramente se ne analizza l'animo. 
Il papà riporta nel suo racconto delle conversazioni digitali, avute col figlio attraverso il computer, in cui parla delle proprie emozioni rispetto ai familiari, ma sopratutto rispetto alla sua malattia e vediamo una persona triste, che vorrebbe fare di meglio e non ci riesce. Ma questo dolore sembra non essere importante per lui, che trova altri mezzi per esprimere la propria empatia alla gente. Abbraccia le cameriere e chiunque attraversi la sua strada, diventando subito simpatico dopo un primo attimo di diffidenza. E' bello vedere come il contatto col mondo esterno, soprattutto quello vario, inaspettato e imprevedibile dell'America, aiuti Andrea e, verso la fine, possiamo vederlo quasi cambiato, cresciuto e capace di affrontare piccoli episodi con la stessa maestria di una persona normale.
Oltre a questo, il libro è un vero e proprio diario di bordo del loro viaggio. Il ritmo è, perciò, rapido, i capitoli brevi si susseguono facilmente. 
Il loro percorso si potrebbe suddividere in due parti: la prima in moto e la seconda in auto a noleggio dell'aeroporto. Questo cambiamento influenza anche le descrizioni delle ambientazioni, che in un romanzo del genere sono estremamente importanti. Quando i due sfrecciano sulla motocicletta in mezzo a paesi, villaggi, strade nel deserto, molte cose vengono solo accennate in modo sbrigativo, viene lasciato molto all'immaginazione e il succedersi di paesaggi molto diversi gli uni dagli altri è quasi frenetico.
Quando invece si fermano a soggiornare nelle località che attraversano e le visitano, rimanendoci per qualche giorno, possiamo avere una visione approfondita dello stile di vita e della cultura, perchè quello dei due non è un viaggio organizzato con guide turistiche, visite ai musei e ai monumenti. Il loro obiettivo è quello di vivere come la gente del posto, passando le ore sulla spiaggia, girando per le piazze, parlando lingue che non li appartengono e mangiando cibi che non avevano mai assaggiato.
Alcuni stili di vita sono veramente mozzafiato, e alcuni paesaggi erano così limpidi davanti ai miei occhi che mi è cresciuta dentro la voglia di visitarli.
Una cronaca spicciata e dal linguaggio semplice, puro e schietto, che racconta di due mondi completamente diversi a contatto fra loro: quello reale e palpabile dell'America e quello astratto e fuggitivo della mente di Andrea.


VOTO: 7