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giovedì 29 ottobre 2015

Novella degli scacchi - Stefan Zweig

Novella degli scacchi - Stefan Zweig
Pagine: 90
Edizione: Garzanti
Titolo originale: Schachnovelle


TRAMA                                                                                       
Czentovic è un uomo rozzo e ignorante, ma anche un campione mondiale indiscusso di scacchi. Durante un viaggio in nave da New York a Buenos Aires, alcuni appassionati lo sfidano in partite amichevoli. Il campione vince la prima senza il minimo sforzo, ma nella partita successiva interviene il dottor B., enigmatico passeggero, che con i suoi consigli riesce a strappare una patta a Czentovic. Chi è lo sconosciuto in grado di tenere testa al grande campione? Dice il vero, quando sostiene di non giocare da più di vent'anni? Quale mistero nasconde in realtà quest'oscuro giocatore? 


RECENSIONE                                                                                                                       
"Novella degli scacchi", un titolo semplice e riassuntivo per un libro analitico e profondo, un po' come per Novecento di Baricco, che come questa storia di Stefan Zweig si svolge su una nave in viaggio ed è breve, ma ricca di sostanza. 
Non abbiamo precise descrizioni dell'ambientazione, non sappiamo che giorno o che anno sia e il narratore è un passeggero anonimo. Non c'è nemmeno caratterizzazione dei personaggi, se non di due. Sono i due sfidanti finali nella partita di scacchi più memorabile della storia, ma che nessun manuale registrerà; due poli opposti che si sfidano in duello organizzato con impeto e che arriveranno ad avere in comune il desiderio di vittoria. Sono due monomaniaci estremamente interessanti, poichè "più uno si circoscrive, tanto più, d'altra parte, è vicino all'infinito; proprio questi tipi in apparenza lontani dal mondo si costruiscono nella propria materia, a mo' di termiti, una straordinaria e singolarissima epitome del mondo."
Il primo, Czentovic, ci viene presentato dopo sole diciannove righe in tutta la sua ossimorica essenza fatta di ottusità e genialità. Un contadinello pressochè analfabeta, che solo osservando in silenzio due giocatori, ha imparato l'arte degli scacchi meglio di chiunque altro ad un'età da prodigio, ma con un limite: l'incapacità di immaginare. 
La forza immaginativa del dottor B, fortemente contrapposta all'aridità mentale di Czentovic, è un'arma a doppio taglio: è la sua unica via di fuga dalla realtà, che può, al tempo stesso, condurlo verso un onirico mondo di follia. Egli compare dal nulla, come se fosse sbucato improvvisamente dal pavimento del salone, proprio nel momento più critico di una partita in cui Czentovic sta sfidando un gruppo di passeggeri principianti e fortemente coinvolti. Narrando la sua storia, ci parla del terrore psicologico esercitato dal passato nazista, che usa come strumento di tortura il nulla; quel nulla che, come è noto, esercita pressione sull'animo dell'uomo come nient'altro al mondo, ma che lo spinge a perfezionare ciò che più lo rappresenta: il pensiero. Durante alcuni tormentati mesi della vita del dottor B. due realtà parallele sono arrivate a sovrapporsi. In una stanza spoglia e ridotta all'essenziale, senza nessun elemento di distrazione e con una finestra senza visuale, il dottor B diventa una pedina che si sposta lungo il perimetro della sua prigione, mentre nella sua mente si gioca una partita su un'immaginaria scacchiera. Ma come ogni dipendenza, il suo corpo e il suo spirito cominciano a chiedere sempre di più e, allora, l'animo umano si sdoppia in una pedina bianca e una nera ed inizia ad auto-sfidarsi in un duello contro sè stesso. 
Novella degli scacchi si legge in un'ora, ma resta addosso per giorni; è un libricino a cui, a vederlo, non si darebbe valore, ma che si fa leggere voracemente. Una rappresentazione formidabile del genio di un'artista che riesce a racchiudere un universo psicologico in ottanta pagine prendendo ispirazione da un gioco che si basa su un tavoliere di sessantaquattro quadranti: uno spazio finito che diventa senza confini e che arriva ad assumere milioni di volti. Gli scacchi sono bivalenti, contraddittori: sono malattia e ossessione che porta alla follia, sono fonte di talento che porta alla fama e alla ricchezza; sono movimenti meccanici dettati dalla fantasia, infinite coreografie su rigida geometria. 
"Ma non ci si rende già colpevoli di una limitazione offensiva, nel chiamare gli scacchi un gioco?"


VOTO: 9

martedì 27 ottobre 2015

Gli elisir del diavolo - E.T.A Hoffmann

Gli elisir del diavolo - E.T.A Hoffmann
Pagine: 272
Edizione: Bompiani
Titolo originale: Die Elixiere des Teufels


TRAMA                                                                                
Il romanzo è la vita di Medardus, scritta da lui stesso. I suoi genitori decaddero da un'esistenza agiata, poichè suo padre volle espiare la colpa di un peccato mortale e si recò al convento del Sacro Tiglio, ma si ammalò e morì nello stesso istante in cui nasceva Franz, o Medardus. A partire da questo momento, le avventure faustiane e dongiovannesche, rappresentazioni della catastrofe che minaccia l'individuo abbandonato dalle certezze illuministe. 


RECENSIONE                                                                       
Cosa c'è di meglio che iniziare un libro in viaggio? Iniziare in viaggio un libro estremamente coinvolgente. Rannicchiata sul sedile di un pullman, mi sono tuffata in questo romanzo del romantico Hoffmann, per fare un approfondimento per un'interrogazione, ma da mera lettura a scopi scolastici è diventata, dopo poche pagine, un piacere. Mai mi sarei aspettata una scrittura tanto accurata nei termini e nella sintassi, grazie a cui la narrazione scorre liscia, lasciando che il lettore immagini nella sua testa gli scenari perfettamente descritti. E si sa, che la natura per i Romantici, descritta bene lo deve essere per forza. All'inizio, essa è permeata da un forte sentimento di religiosità: la bellezza naturale e l'ambiente sacro e idilliaco, le piante e i fiori circondano il convento del Sacro Tiglio, luogo di nascita di Medardus, sovrastandolo e influenzandolo. Non si potrebbe mai pensare che un bambino così affascinato da un mondo puro e colorato, possa repentinamente passare all'oscurità e al male. Nel momento in cui cresce e diventa guardiano delle reliquie, Medardus cade vittima di una tentazione, che almeno una volta nella vita ognuno di noi si vede proporre e a cui è veramente

difficile resistere: la possibilità di essere migliori di ciò che si è, di elevare le proprie capacità e raggiungere il successo. Gli elisir del diavolo sono come la lampada di Aladino che può far realizzare i desideri immorali dell'animo umano. Essi hanno il potere di trasformare Medardus in uno schiavo delle passioni e dei più primitivi istinti, desideroso di lussuria e piacere carnale, capace di tutto pur di ottenere ciò che vuole. Da qui, sono introdotte le tematiche del demoniaco e dell'irrazionale, fondamentali nel filone dello Schwarzromantik, il romanticismo "nero", che influenzerà anche il grande autore dell'orrore Edgar Allan Poe.
In un intreccio di numerosissimi personaggi e ambientazioni, Medardus compie un pellegrinaggio fisico, ma anche interiore all'involontaria scoperta delle proprie radici. E' geniale come l'autore riesca a creare, in modo perfettamente studiato, delle combinazioni di personaggi apparentemente distanti fra loro, ma in realtà intimamente collegati, che sembrano essere le pedine di un disegno superiore, di cui Medardus si fa beffe. Come un Dottor Jeckyll e Mr Hide, Medardus si sdoppia fino a non riuscire più a riconoscere sè stesso e a distinguere il suo lato malvagio, folle da quello semplicemente tentato a migliorare sè stesso ed avanza sulla scacchiera tra cavalli, regine e re, incurante e consapevole del proprio potere e del fatto che"il destino domina su chi non sa sfuggirgli", ma non è egli stesso il destino?


"Ero chi sembravo, ma non sembravo chi realmente ero 
e il mio io, un enigma insolubile a me medesimo, era diviso in due dentro di me."

Nel corso della storia, sono in particolare due i personaggi splendidamente macabri che più mi hanno affascinato. La prima è Euphèmie, la donna spietata  e demoniaca per eccellenza. Ho visto in lei una rivalsa delle donne, sempre rappresentate come vulnerabili e persecutrici di valori come l'amore e la famiglia. Al contrario, Euphèmie aspira alla massima realizzazione di sè ed è disposta a tutto per ottenere ciò che vuole. Il secondo personaggio non ha nome nè volto preciso, è uno spirito maligno multiforme che si rivela a Medardus come un pittore maledetto. Non riesco a immaginarmelo, se non costantemente deformato da un ghigno maligno, che gli segna i lineamenti pronunciati. Costui è il tormento di Medardus, la personificazione della sua anima corrotta. 
In mezzo a tutta questa ricca nebulosa, spicca anche la riflessione filosofica che, prendendo avvio dal reale, si spinge ad indagare gli aspetti trascendenti della vita. 

"Quanto comunemente chiamiamo sogno e immaginazione
può invece essere la conoscenza simbolica del misterioso filo che corre attraverso tutta la nostra vita
collegandone ogni avvenimento."

Verso la fine, questi pensieri cominciano a prendere il sopravvento sui fatti, con l'effetto di rallentare notevolmente il ritmo di lettura e anche il coinvolgimento, bloccando il lettore su lunghissimi monologhi speculativi dei personaggi. Nel finale vero e proprio si verifica, però, una ripresa e si chiude un cerchio: il cerchio della vita di Medardus.
La sua fittizia autobiografia risulta, in generale, piacevole da leggere e accattivante per tutti gli aspetti immorali e peccaminosi che si incontrano pagina dopo pagina. La lussuria e la perdizione di questo Dorian Gray romantico, non possono che affascinare.


VOTO: 8

domenica 25 ottobre 2015

Un giorno come un altro - Filippo Venturi

Un giorno come un altro - Filippo Venturi
Pagine: 221
Edizione: Pendragon


TRAMA                                                                                      
Bologna, 2014: la mostra "Il mito della Golden Age", che espone, tra gli altri, il celeberrimo dipinto di Vermeer La ragazza con l'orecchino di perla, è nel suo pieno svolgimento. 
Grazie a un'incredibile serie di circostanze favorevoli, Martino, meccanico spiantato dedito ai furti di cerchioni, in una tranquilla serata di maggio riesce a intrufolarsi a Palazzo Fava, sede dell'esposizione, e a entrare in possesso del quadro. 
Parte così la storia del furto del secolo che, tra ricerche disperate e strampalate richieste di riscatto, vede protagonisti ladri dal cuore buono e funzionari tutt'altro che ineccepibili, in un crescendo di colpi di scena che porteranno a un finale inaspettato...


RECENSIONE                                                                                                                
Filippo Venturi mi ha richiesto di recensire questo romanzo in una lunga e divertentissima mail, poco dopo la mia partecipazione a un evento di Tracy Chevalier e mentre stavo leggendo Il Cardellino che, per chi non lo sapesse, tratta del furto di un quadro. Questa serie di simpatiche coincidenze e l'approccio amichevole dell'autore mi hanno spinto ad accettare la proposta e, come per continuare una collana, ho iniziato a leggere del presunto furto de La ragazza con l'orecchino di perla
Da subito, una cosa appare chiara: Filippo Venturi è uno scrittore emergente che sa, effettivamente, scrivere. La scrittura ha il potere particolare di trasferire a chi legge le emozioni di chi scrive e, talvolta, leggendo le parole di un emergente si percepisce la lieve insicurezza, qualcosa di inconscio che li trattiene e lo stile, seppur piacevole, può risultare acerbo. Filippo Venturi, invece, è sciolto, non ha freni inibitori e la sua narrazione scorre disinvolta, o almeno questa è l'impressione che si ricava leggendolo. Ma il racconto, già di per sè, partiva da una buona base. 
Il furto de La ragazza con l'orecchino di perla, seppur inventato, deve essere trattato come si deve. E' un evento storico, nazionale, che tocca i cuori di tutti gli appassionati di arte e non può essere preso sotto gamba. Lo scrittore sembra esserne perfettamente consapevole. Traccia in modo chiaro le condizioni di esistenza di questo fatto, come si fa nelle espressioni di matematica, e non lascia niente al caso. Le ambientazioni sono accurate e ricche di dettagli; i personaggi sono caratterizzati in modo completo, hanno un background di esperienze che ci viene narrato attraverso i flashback e una psicologia definita e particolare. Ognuno di essi incarna un tipo e penso che qualunque lettore di questo romanzo, dopo averlo finito, potrebbe con scioltezza attribuire un aggettivo rappresentativo ad ognuno. Crea amore e odio, simpatie e antipatie e, mettendo ben in luce chi è veramente immorale e chi ha l'animo buono, spinge a proseguire per vedere chi, alla fine, l'avra vinta in questa lotta in cui gli umili sembrano avere la propria rivalsa. L'intreccio è ben costruito, realistico e strutturato coscienziosamente, ma soprattutto imprevedibile. Non succede mai ciò che ci si aspetterebbe e gli eventi si susseguono sempre più freneticamente in un crescendo ricco di colpi di scena abbastanza sorprendenti, dato che mi ero immaginata la vicenda in modo di diverso e con uno svolgimento più semplice e, probabilmente, banale.
Oltre al piano dell'avventura e di questa specie di lotta per la sopravvivenza tra illegalità e legge, il libro gioca molto nel campo dell'emotività: ci sono famiglie distrutte che aspettano di essere ricomposte, ricordi d'infanzia, amori perduti, vite difficil ricordate con malinconia nonostante le difficoltà. Questi due livelli di narrazione scorrono spesso paralleli, abbracciandosi, e così la visione un po' cinica e un po' ironica di un mondo in cui prevale il profitto e l'apparenza sul resto, un mondo in cui "tutti fanno tutto e nessuno fa bene niente", si confonde con ricordi quasi onirici, nebulosi e momenti particolarmente introspettivi.


"Stava nascosto dietro gli alberi, a vivere il suo amore nell'unico modo in cui riusciva.
Quello che gli avevano insegnato. Da lontano.
Gustandone la quotidianità solo di riflesso, godendo di rimbalzo, accarezzando i suoi affetti con lo sguardo, sorridendo amaro. Scappando. Vergognandosi."


Un giorno come un altro è una commedia, che a tratti una commedia non lo è proprio, che spazia dal serio al ridicolo in pochi paragrafi e che risulta piacevole e divertente senza essere pretenziosa. Il libro è piccino, la lettura è scorrevole: è un compagno adatto in un periodo che non va tanto bene, se si ha bisogno di sorridere un po'. 


VOTO: 8-

martedì 13 ottobre 2015

L'aquila d'Egitto - Andrea Sarzi Amadè

L'aquila d'Egitto - Andrea Sarzi Amadè 
Pagine: 362


TRAMA                                                                        
Date le scarse notizie riguardo agli eventi successivi alla battaglia di Farsalo ed alla prosecuzion della guerra in Egitto, L'Aquila d'Egitto è un romanzo concepito per offrire un possibile svolgimento dei fatti in base ai reali svolgimenti delle operazioni belliche contro Pompeo fino alla città di Alessandria.






RECENSIONE                                                                 
Sapevo che il Festivaletteratura sarebbe stato un evento spettacolare che apre molte finestre sul mondo dell'arte di scrivere, ma che mi avrebbe offerto la possibilità di conoscere un giovane scrittore emergente e di recensire un suo libro inedito, non me lo sarei mai aspettata. 
Fin dalla prima cosa che ho letto di questo libro, le fonti, non ho potuto che ammirare lo zelo e la passione che ne scaturiscono. Su Giulio Cesare, tanto quanto su Napoleone o su Colombo o su qualsiasi altro eroe del passato conosciuto in tutto il mondo, sono state scritte un'infinità di cose: biografie, saggi che tentano di indagare la psiche di questi "mostri storici", dibattiti dalle forti prese di posizione sulle possibili simpatie o antipatie che questi ci suscitano, ma questo libro non parla di uno di quei numerosi eventi che possiamo trovare sui libri scolastici di storia, romanzandolo un po', bensì tra tutti sceglie l'episodio più tralasciato e vi costruisce sopra un immaginario castello. Un castello estremamente sfarzoso, curato nei minimi dettagli nella sua architettura: Cesare non è un uomo semplice, merita di essere descritto adeguatamente. E così, l'autore spulcia il suo "De bello Gallico" e "De Bello Civili", le testimonianze di Plutarco e di Svetonio e per aggiungere un pizzico di pepe, inserisce anche qualche pettegolezzo e superstizione. Cura gli abiti, le ambientazioni, il cibo e le strade, le personalità dei soldati e di Cesare stesso. Un Cesare che non mi aspettavo, che totalmente rapito da una follia notturna incalza il suo cavallo a correre nelle foreste o nelle pianure, fino ad arrivare al mare o a un tempio. Le uscite notturne di Cesare sono state alcuni dei punti più interessanti, perchè sono quei momenti onirici e quasi irreali che mi affascinano ogni volta.
Da persona quasi totalmente ignorante sull'argomento, sono stata introdotta nel mondo romano dell'avanti Cristo, che, come mi è stato dimostrato, può essere trasformato in qualcosa di estremamente attuale. Le ossessioni, le mire di vittoria e di potere, gli istinti peccaminosi che guidano i soldati nelle loro scorribande notturne sono elementi che possono essere con facilità traslati ai giorni nostri e che non sembrano appartenere a un mondo così lontano.
Tutti questi particolari hanno contribuito ad aumentare il coinvolgimento e mi hanno aiutato a seguire il filone della storia, che è abbastanza articolato. Non bisogna, infatti, lasciarsi ingannare dal fatto che sia un libro su Cesare, poichè di fianco a lui, sul podio dei personaggi, si staglia anche Pompeo. Volendo rappresentare gli apparentemente eterni scontri tra i due pilastri della storia antica, la visuale si sposta talvolta dall'uno all'altro in differenti capitoli e, inizialmente, questo fa sentire un po' spaesati, se non fosse che dopo un paio di paragrafi tutto torna ad inserirsi in un quadro generale più focalizzato. Anche l'Urbe, con i suoi fedeli e antagonisti a Cesare e, nel finale, Alessandria d'Egitto con la mirabile e leggendaria figura di Cleopatra sono ambientazioni presenti.

"Le costellazioni brillavano nel cielo; quante volte desiderò toccarle, avvicinarle,
vedere il mondo da un'angolazione diversa,
quante volte desiderò essere qualcun altro.
Non solo il nemico in battaglia per scoprire i suoi piani, ma anche solamente un uomo comune, 
senza incarichi ufficiali, una vita senza affanni; tuttavia aveva un'impresa da compiere e l'avrebbe portata a termine a costo della vita."

Cesare umano, cesare vulnerabile con desideri da persona comune. Cesare che sente il bisogno, come tutti noi di evadere. Nel corso del libro, Cesare cresce e cambia, ma questa sua caratterizzazione è stata quella che mi è piaciuta di più. Penso che ogni leggenda, ogni eroe che ci guarda dall'alto in basso sia anche un po' come noi; o almeno, mi piace l'idea, pensarlo, e questo libro me ne ha dato l'opportunità.
In generale, una lettura piacevole, soprattutto per gli appassionati del soggetto o per chi vuole conoscere una versione dei fatti che non si potrà mai trovare su un libro di storia.


VOTO: 7