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lunedì 30 giugno 2014

Di tutte le ricchezze - Stefano Benni

Di tutte le ricchezze - Stefano Benni
Pagine: 207
Edizione: Feltrinelli


TRAMA
Martin è un maturo professore e poeta che si è ritirato a vivere ai margini di un bosco: è una nuova stagione della vita, vissuta con consapevolezza e arricchita dai ricordi e dalle conversazioni che Martin intrattiene con il cane Ombra e con molti altri animali bizzarri e filosofi. In questa solitudine coltiva la sua passione di studioso per la poesia giocosa e per Il Catena, un misterioso poeta locale morto in manicomio. Questa tranquillità, che nasconde però strani segreti, è turbata dall'arrivo di una coppia che viene a vivere in un casale vicino: un mercante d'arte in fuga dalla città e Michelle, la sua bellissima e biondissima compagna. L'apparizione di Michelle, simile a una donna conosciuta da Martin nel passato, gonfia di vento, pensieri e speranze i giorni del buon vecchio professore. Il ritmo del cuore e il ritmo della vita prendono una velocità imprevista. Una velocità che una sera, a una festa di paese, innesca il vortice di un fantastico giro di valzer.


RECENSIONE
Con la prospettiva di intervistare Stefano Benni al festival Mare di Libri e avendo già letto la sua raccolta Bar sotto il mare, ho deciso di leggere un romanzo con una storia lineare come Di tutte le ricchezze.
La cosa che mi ha colpito di più è stata la moltitudine di personaggi.
I personaggi di sfondo sono costituiti dalla gente del paese, utile solo per crear spunti di satira e, a volte, per fare critica, anche abbastanza forte, nei confronti delle classi dirigenti e, più in generale, della società di oggi.
Sono protagoniste in un certo qual modo anche le leggende, tema che mi appassiona sempre molto e che ha dato un pizzico di pepe al libro. Le principali sono due, entrambe smentite più volte e riformulate in maniera più fittizzia o veritiera, come classico di tutti i racconti tramandati a voce. 
Insieme alle leggende, altri elementi surreali del libro sono gli animali che parlano. All'inizio la cosa mi infastidiva, mi sembrava un elemento infantile e inutile, facilmente evitabile, ma in seguito si può capire che le figure degli animali siano semplicemente metafore e personificazioni di caratteristiche che servono in quel momento a rappresentare gli stati d'animo del protagonista e i suoi pensieri.
Durante l'intervista, al festival Mare di Libri, ho chiesto all'autore il perchè di questa decisione e la risposta è stata che gli animali parlano veramente, basta guardarli negli occhi.
Infine, vi sono i personaggi principali: Martin, il protagonista, e i due vicini di casa trasferiti di fresco.
Martin e Michelle, la vicina, sono molto ben caratterizzati, perchè inseriti un contesto ben approfondito. Nel corso del libro, infatti, si scava nel loro passato facendo riemergere vecchi episodi che entrambi preferirebbero dimenticare e si raccontano, in modo di condividerli e perderli un po'.
Martin mi è piaciuto molto. Pur essendo un professore in pensione, non interpreta la figura del vecchio saggio come pensavo, tutto il contrario. Vengono infatti messi in risalto tutti i suoi vizi della vita passata, e molti difetti di quella presente. Un po' di impulsività nell'amore che prova per la nuova vicina, non sempre sincerità, un po' di opportunismo e finta gentilezza per non ferire troppo chi ha di fronte con la schiettezza. Ma allo stesso tempo, maturità e consapevolezza dei propri limiti e di ciò a cui va incontro.
Michelle mi è piaciuta un po' meno, perchè se le si toglie la bellezza, non resta nulla. Non mi è sembrata una donna di carattere e nemmeno una timidona, perchè spesso prende l'iniziativa di inviti e danze. Sta nel mezzo, non è nè una cosa nè l'altra, particolare che la rende un po' anonima e monotona.
Il Torvo, compagno di Michelle, soprannominato così per la sua aria corrucciata è quello meno definito, semplicemente per la sua breve presenza nella storia. Nonostante ciò, riusciamo a capire molte cose su di lui e sul suo animo abbastanza meschino.
La storia che nasce tra Martin e Michelle è un amore quasi inconsistente, è più un'attrazione, un bisogno reciproco: bisogno di giovinezza, speranze e anche compagnia da parte del professore; bisogno di un riferimento e di una figura matura da parte dell'indecisa Michelle. E' un legame particolare quello che si instaura, che sembra finire ancor prima di cominciare, forse bloccato da qualcosa di troppo interno e profondo, tanto che il lettore non riesce a comprenderlo pienamente. Mi è piaciuto il riferimento alle Notti Bianche che, spesso, nella testa del professore trasformava l'anonimo Borgoconio in San Pietroburgo, e un valzer a una sagra di paese a un gran ballo vienne guidato dalle note di Strauss.
La scrittura di Benni è estremamente ironica e frizzante, leggera, a volte quasi un po' troppo. Per esempio, quando ogni evento viene reso come un reportage diviso in parti. Per esempio, l'arrivo dei vicini in casa viene reso così: DIVIDIAMO LA COMMEDIA "CHI HA BUSSATO ALLA MIA PORTA" IN TRE PARTI. IL PROLOGO: DESCRIZIONE DEI PERSONAGGI E DEGLI ARGOMENTI INIZIALI.
Mi è sembrato un espediente per raccontare abbastanza carino, ma che a mio parere abbassa un po' troppo il registro e tutto assume un'aria quasi comica, come se dovesse esser preso poco sul serio.
I capitoli sono brevi, divisi in vari paragrafi, fatto che rende la lettura ancor più scorrevole; ognuno è introdotto da brevi poesie che fanno riferimento, in modo generico, agli stati d'animo e a ciò che vi troveremo all'interno.
E' un libro che mette molta carne al fuoco, di cui si possono analizzare molti temi.
E' stata una lettura molto veloce e scorrevole, ma anche abbastanza comune, fatta eccezione di alcuni aspetti originali.


VOTO: 7-


Io, Stefano Benni, Matilde e il blogger Francesco di Book Reviews

martedì 10 giugno 2014

Muoio dalla voglia di conoscerti - Aidan Chambers

Muoio dalla voglia di conoscerti - Aidan Chambers
Pagine: 285
Edizione: Rizzoli
Titolo originale: Dying to know you


TRAMA
Che cos'hanno in comune un vecchio e un ragazzo sconosciuti l'uno all'altro? Quando il vecchio in questione, uno scrittore, voce narrante di questo romanzo, incontra per la prima volta il goffo e guardingo Karl proprio non ne ha idea. Lo scoprirà vivendo la nascita di un'amicizia a sorpresa, fatta di scambi e di silenzi, di somiglianze e differenze. Karl ha bisogno dello scrittore perchè gli scriva una lettera destinata alla ragazza del suo cuore, Fiorella, grande lettrice e grafomane che esige da lui parole messe su carta.
Lo scrittore ancora non lo sa, ma ha bisogno di Karl per uscire da un isolamento che rischia di ucciderlo. Tra equivoci, rivelazioni, esperimenti d'amore giovane prende forma un romanzo forte come la vita.


RECENSIONE
Volevo leggere qualcosa di Chambers da quando avevo partecipato ad un suo evento al Festival Letteratura, e finalmente si è presentata l'occasione.
In copertina, un pesce che si guarda riflesso in uno specchio d'acqua, così come un vecchio autore ritrova un sè stesso più giovane in Karl.
Karl è un ragazzo adolescente dislessico che chiede aiuto al narratore, scrittore, per soddisfare le richieste della fidanzata, che da notevole importanza alla parola scritta per conoscere una persona e gli da una lista di temi su cui scrivere.
I personaggi sono essenzialmente questi, più altri sullo sfondo che non sono particolarmente rilevanti, se non alla fine.
Ho trovato molto interessante il fatto che tra Karl, Fiorella e lo scrittore si formasse una specie di triangolo amoroso. Tra il giovane e l'anziano, infatti, si fissano appuntamenti e si passano le giornate insieme, conoscendosi e frequentandosi. Il narratore, la cui stessa vita quotidiana viene sovrastata da questo ruolo di scrivano, mette in luce sotto i nostri occhi i sentimenti che prova nell'attesa di una mail di risposta del giovane, del suo arrivo, di una sua notizia e questi stessi sentimenti sembrano appartenere ad una storia d'amore. Il vecchio, infatti, come un innamorato, si sente rinvigorito da questo rapporto e ne ha bisogno per il sostegno e la compagnia che gli viene fornita.
In questa strana relazione è bello vedere come la saggezza dell'uno aiuti a far venir fuori il carattere forte e creativo del giovane, che riesce ad uscire dal suo guscio di timidezza e distacco, arrivando ad esprimersi.
Sono rimasta molto incuriosita da questi due personaggi, a causa del loro realismo. 
La narrazione è infatti composta prevalentemente da dialogo e ciò, oltre ad aumentare la scorrevolezza, fa sì che al lettore sembri di assistere a una partita di tennis in cui la partita sono le parole, e si ritrova a guardare prima a destra, poi a sinistra, assistendo a botta e risposta che spaziano su qualsiasi tema.
Ho apprezzato molto il fatto che i dialoghi non abbiano abbassato il registro, ma abbiano mantenuto uno stile colloquiale non frivolo, che arriva a toccare anche cose molto delicate come la depressione, la morte, la vita.
Sono discorsi di formazione, di insegnamento e anche il lettore non può uscirne vuoto, bensì ne trae un discreto malloppo di nozioni.
L'umanità di questo romanzo mi aveva colpito al punto che quando mi sono trovata lo scrittore davanti, al festival Mare di Libri, non ho potuto evitare di chiedergli se fosse tratto da una storia vera.
La risposta mi ha chiarito molte cose. Il libro è stato ispirato da un ragazzino di quattordici anni, andato a chiedergli di aiutarlo a scrivere un libro, ma il personaggio adolescente della storia e gli eventi a cui prende parte sono inventati. Nonostante questo, Chambers ha scelto di mettere buona parte di sè stesso nel personaggio dello scrittore, compiendo in questo modo un auto-analisi che aiuta il libro a diventare estremamente realistico.
Il personaggio femminile di Fiorella, invece, non mi è piaciuto per niente. Ma non sto parlando di inabilità dell'autore a descriverla, anzi. L'autore è talmente esperto nel descriverci i suoi difetti, la sua doppia faccia, che le emozioni che ci suscita non possono che essere negative nei suoi confronti. 
Questo dimostra l'efficacia della scrittura dell'autore e la sua maestria nel trattare della vita degli adolescenti. Questo fatto, mi ha spinto a voler leggere altri sui libri, tra cui Danza sulla mia tomba, che ho già acquistato e di cui ho grandi aspettative.


VOTO: 7/8

A partire da sinistra: Matilde, Aidan Chambers, io e Francesco Ehr, blogger di Book Reviews

lunedì 9 giugno 2014

Pantera - Stefano Benni

Pantera - Stefano Benni
Pagine: 106
Edizione: Feltrinelli


TRAMA
L'Accademia dei Tre Principi è una sala da biliardo. E' un sotterraneo, un antro favoloso, dove sotto lo sguardo cieco del saggio Borges incrociano le stecche giocatori leggendari come il Puzzone, Elvis, Tremal-Naik, la Mummia, il Professore e Tamarindo.
Si svuotano portacenere e si tiene il conto delle battaglie. In quel mondo di soli maschi un giorno fa il suo ingresso Pantera, "snella, flessuosa, pallida", e la leggenda varca i confini. Quando i migliori cadono, come in un poema cavalleresco i campioni cominciano ad arrivare da lontano. 
Uscita dal suo racconto, Pantera porge il testimone ad Aixi, una ragazzina innamorata del suo mare, protagonista di una nuova sfida inondata di luce e di mistero.



RECENSIONE
Pantera è un piccolo libricino di 106 pagine, di cui la metà è dedicata ad illustrazioni; è formato da due storie molto brevi.
La prima è quella che da il titolo al libro. 
Ciò che mi è subito saltato all'occhio è stato lo stile: non me lo aspettavo così schietto, onesto, che senza giri di parole arriva dritto al punto. Direi, il tipo di scrittura più adatto per descrivere un ambiente come quello dell'Accademia dei Tre Principi che mi ha ricordato un luogo da Fight Club, solo che gli incontri hanno luogo sui biliardi.
Sigarette spente sul pavimento, sigarette accese in bocca ai giocatori, tanto fumo a creare una nebbia fitta sui tavoli verdi, illuminati a malapena dalle luci al neon. Un ambiente in cui non si può che rimanere estasiati ad ammirare i colpi di bravura dei giocatori, quelli veri.
Ci vengono presentati i numerosissimi personaggi che definirei "di comparsa", ogni giocatore con l sue caratteristiche strane, tutte molto originali.
C'è Borges, il vecchio saggio cieco che dal suo sgabello supervisiona la sala. Dotato di un sesto senso che sembra quasi soprannaturale, è capace di capire le partite e chi le gioca solo attraverso il rumore delle loro stecche.
C'è poi il narratore, di cui sappiamo solo essere un ragazzo di 15 anni che finisce a lavorare come tuttofare nella sala dei biliardi. Non ne conosciamo nemmeno il nome, seppur racconti la storia in prima persona, è come se fosse semplicemente uno spettatore esterno.
La vera protagonista di questa storia è Pantera e la misteriosità che si porta incollata addosso. Nonostante la brevità del racconto, arriviamo a conoscere la ragazza nei suoi recessi più intimi ed è come se ci venisse descritta per pagine e pagine, mentre invece si fanno solo degli accenni, che si rivelano però estremamente interpretabili e utili. Pantera è sinonimo di leggenda, da quando ha superato la sua infanzia difficile è impossibile batterla. E' una ragazza/donna estremamente affascinante e sexy e ha un modo di giocare tutto suo: si piega flessuosa sul biliardo, rilassata e calma, e gioca in silenzio, ma nonostante queste parvenze è impeccabile e spietata e non manca un colpo.
Il lettore resta estasiato davanti alle sue prestazioni, proprio come il narratore stesso.
Il finale mi è piaciuto molto: il vecchio e saggio Borges fa un bellissimo discorso sul destino, tema che mi è molto caro.
Per quanto riguarda la seconda storia, mi è sembrata un po' fuori posto e un po' più lasciata al caso. Parla di Aixi, una ragazzina di dodici anni dai capelli color corallo che vive al mare col padre gravemente malato. Penso che sia l'ambientazione che la caratterizzazione della protagonista si sarebbero potuti approfondire un po' di più e avrebbero potuto essere spunto per una storia migliore. Questo è un racconto carino, ma che mi ha lasciata abbastanza indifferente dal punto di vista delle emozioni suscitate.
In generale, un 50% del libro vale la pena di essere letto e sarebbe anche potuto durare di più senza suscitare nessun fastidio; il restante è una lettura piacevole e leggere.
Un libro da leggere in un paio d'ore, ottimo per l'estate e per chi ha bisogno di staccare un po' la spina.


VOTO: 7

domenica 8 giugno 2014

Una scrittura femminile azzurro pallido - Franz Werfel

Una scrittura femminile azzurro pallido - Franz Werfel
Pagine: 131
Edizione: Adelphi
Titolo originale: Eine blassblaue Frauenschrift


TRAMA
Siamo a Vienna, nel 1936. Un alto funzionario ministeriale, sposato a una bella e ricca dama viennese, apre una mattina una lettera. Sulla busta riconosce una scrittura femminile azzurro pallido. Quella lettera si insinua immediatamente, come una lama, nella sua vita troppo levigata e la disarticola dall'interno. Apparentemente, in poche righe molto formali, la scrivente chiede l'aiuto del potente funzionario per trasferire in una scuola viennese un giovane tedesco di diciotto anni. Ma, per il destinatario, quelle righe cifrate significano il riaffiorare di un amore di molti anni prima, un amore cancellato con ogni cura. E il giovane ignoto non sarà forse un figlio ignorato? Quella storia, che ora giace nella memoria del brillante funzionario come "una tomba interrata che nessuno riesce più a localizzare", era stata forse il più grande, forse l'unico vero amore della sua vita. 
Ma al tempo stesso era qualcosa che il suo "cuore guasto" aveva dovuto eliminare. La feroce coazione ad adeguare la propria vita alle esigenze della società, quasi un secondo parto operato da un ostetrico di se stesso, hanno distaccato quest'uomo da qualsiasi altro elemento della sua esistenza, dalle sue origini incerte e povere come anche da quella passione inaccettabile.


RECENSIONE
Una scrittura femminile azzurro pallido mi è stato consigliato tra le letture estive facoltative dalla mia prof d'italiano e, da subito, il titolo mi aveva ispirato grandi aspettative.
Se bisogna analizzarlo dal punto di vista della trama, non si può che dire che essa sia un po' carente e banale, di quelle sentite e risentite: un triangolo amoroso, un'amante che ricompare dopo 18 anni e la possibilità di un figlio mai conosciuto.
Questa trama, però, è raccontata con uno stile molto ornato ed evocativo, pieno di periodi lunghi legati fra loro con grande abilità; una scrittura fine ed elegante soprattutto nelle descrizioni fisiche dei personaggi. C'è una grande concentrazione sui visi che vengono illustrati in modo molto poetico, ma non astratto, bensì rendendoli quasi palpabili, come se fossero davanti ai nostri occhi.
"Per un attimo affonda lo sguardo negli occhi di Amelie. Sono verdastri, oggi, e molto chiari. (...) Sono più vecchi di lei, i suoi occhi. Le sopracciglia ritoccate dal trucco li rendono fissi. Le ombre di una stanchezza azzurrognola li ghermiscono con un primo sospetto di decadenza. Così, anche nelle stanze più pulite, si deposita in certi angoli una patina di polvere e fuliggine. C'è in quello sguardo femminile un non so che di quasi devastato che lo avvince."
Per quanto riguarda la narrazione, essa segue il flusso di pensieri del protagonista, e attraverso essi possiamo ben capire molte cose fondamentali della cultura del periodo, che se viste esternamente non sarebbero scaturite così vivide. Ciò che pensa, mette anche in gran luce la sua personalità e il suo alter ego che è accresciuto con l'aumentare delle sue ricchezze; ribadisce, fino alla noia, quanto sia stato fortunato, quanto sia un pargolo degli Dei che l'hanno graziato, l'hanno tenuto sotto l'ala protettiva. Questo particolare è molto calcato nella storia, viene ripetuto molto spesso, ma senza creare fastidi, perchè lo scavare nel passato del protagonista mi è sembrato molto interessante e soprattutto utile per definirlo, per dargli un contesto. Leonida, che aveva già la vittoria nel nome importante e pretenzioso, partendo da umilissime origini ha scalato le vette della società solo grazie ad un bell'abito e alle sue capacità di ballerino. E' sorprendente come solo un frac elegante possa cambiare la vita di una persona in modo così esorbitante e da qui si può aprire uno spiraglio per un'interessante riflessione sul destino: il frac, infatti, lo ha ereditato dal giovane uomo della stanza a fianco alla sua che glielo ha lasciato per compensare il disturbo che gli aveva provocato sparandosi un colpo di pistola alla testa.
Leonida è fiero di sè stesso, ma quando arriva la lettera, anche questo suo castello di orgoglio e fierezza comincia a cadere a pezzi. Perchè è successo proprio a lui e non a qualcun altro? Perchè lui, macchiato di una colpa così meschina, è stato graziato?
Da questo punto in poi, il libro rivela di essere un grande romanzo sulla potenza delle parole, ed è quasi sconvolgente come solo un po' di lettere possano incidere, insieme alla carta su cui sono scritte, anche il cuore di una persona e sconvolgerne la vita e i pensieri.
Werfel racconta magistralmente le reazioni interne al protagonista, i suoi sentimenti sconvolti e alcune parti sono assolutamente ipnotiche e coinvolgenti, perchè raccontano esattamente ciò che avviene dentro di noi in situazioni simili.
La trama, che riassunta in un triangolo amoroso, sembrava carente, diventa sempre più approfondita e contorta man mano che si prosegue a indagare sui fatti.
Il finale mi è piaciuto a metà, perchè seppur caratterizzato da una rivelazione abbastanza struggente, le vere ultime pagine sembrano concentrarsi su qualcosa di più irrilevante, descrizioni superficiali di eventi in corso in quel momento. Forse, questo viene usato dall'autore come espediente per rendere al meglio le emozioni del protagonista, che diventa uno spettatore della sua stessa vita.
Una lettura piacevole, anche se non eccezionale.


VOTO: 7

sabato 7 giugno 2014

Gente d'Irlanda - Rossana Guarnieri

Gente d'Irlanda - Rossana Guarnieri
Pagine: 178
Edizione: A.P.E Mursia


RECENSIONE
Questa lettura mi è stata consigliata da una mia amica semplicemente per il titolo riguardante l'Irlanda, perchè da sempre ho interesse per quel posto. Lei non lo aveva letto, non riuscivo a trovare la trama da nessuna parte su internet, perciò l'ho iniziato completamente alla cieca. 
Prima di leggerlo, conoscevo l'Irlanda solo per alcune caratteristiche e per i meravigliosi paesaggi verdi, non per il suo passato. Quindi, ho trovato la storia molto interessante e soprattutto utile per fornire un po' di conoscenze su una guerra civile a mio parere poco conosciuta che, però, come tutte le guerre, ha sconvolto chi in prima persona l'ha vissuta.
Vivere dal punto di vista dei protagonisti le vicende del periodo mi ha fatto capire che non esistono guerre più importanti di altre, esistono semplicemente guerre espanse su campi più vasti, ma tutte hanno lo stesso effetto lacerante su chi le vive.
Gente d'Irlanda è un romanzo di formazione indirizzato ad un pubblico giovane, infatti i protagonisti principali sono adolescenti e il linguaggio non è per nulla elaborato e pretenzioso. Mi ha stupito, per l'appunto, lo stile "lieve" dell'autrice che pur parlando di argomenti cruenti come la guerra riesce a mantenersi leggera e semplice, rendendo la narrazione molto scorrevole e per niente pesante. 
Mitiga tutto questo con la giusta dose di drammaticità, senza esagerare e allo stesso tempo senza alleggerire troppo, dando una visione molto veritiera del periodo; non risparmia nemmeno alcune scene particolarmente toccanti e d'effetto. Scelta audace, considerando il pubblico giovane. 
I personaggi sono pochi e la storia è per di più incentrata su Pat.
L'unico punto negativo del libro è che nonostante la maggior parte del libro segua la vita quotidiana di Pat, talvolta vengono "inquadrati" anche il suo amico Brian o un soldato dell'esercito senza preavviso, solo la nostra "telecamera" che si sposta. Ci sono, talvolta, anche sbalzi di tempo indefiniti da un capitolo all'altro, che si capiscono dopo poche righe, ma inizialmente lasciano un po' spaesati.
C'è, però, una grande efficacia nelle descrizioni degli stati d'animo, che crea immagini vivide nella mente del lettore. 
Quella di Pat è una trasformazione sorprendente, che sembra impossibile che possa accadere così repentinamente in un ragazzo di soli quindici anni. Ma la guerra ti cambia, ti strazia dentro e così, passa da essere un bambino che semplicemente abita in un paese di discriminazioni religiose ad essere un attivista contro la sua volontà. Agisce per istinto, come se nelle sue vene, invece del sangue, scorresse la voglia di vendetta per questa guerra, ingiusta come tutte le altre, che gli ha strappato le radici e l'ha obbligato a crescere troppo velocemente. Pur essendo solo un adolescente si ritrova coinvolto in scambi di armi e dinamite, in qualcosa di estremamente più grande di lui. 
Il finale è sorprendente ed inaspettato, ma veramente adatto ad un libro così. Mi dispiace che sia poco conosciuto, perchè per me è stata una lettura molto interessante, pur essendo breve. Lo consiglio a tutti quelli appassionati dell'argomento, ma anche a chi, semplicemente, ha voglia di vivere una storia tormentata raccontata senza pesantezze. 


VOTO: 7

lunedì 2 giugno 2014

Factotum - Charles Bukowski

Factotum - Charles Bukowski
Pagine: 156
Edizione: TEA
Titolo originale: Factotum


TRAMA
Avventuroso e osceno, divertito e disperato, sboccato e insieme lirico. Factotum, il romanzo che ha rivelato Bukowski al pubblico italiano, è innanzitutto e soprattutto un romanzo "on the road", e Henry Chinaski, l'alter ego dell'autore, ne è il suo protagonista assoluto. Un factotum appunto - nel senso che passa indifferentemente da un mestiere all'altro - che attraversa l'America vivendo alla giornata, affidandosi all'improvvisazione e al caso, pronto a seguire il primo richiamo ma fedele a un destino che si trasforma in uno stile di vita fatto di lavori manuali, sesso intenso e sfrontato, sbornie quotidiane: un'esistenza in cui "randagità" e precarietà rimano prepotentemente con libertà e verità.


RECENSIONE
Di Bukowski avevo già letto Compagno di sbronze, ma non ero rimasta entusiasta, cosa che mi aveva resa un po' scettica, perchè leggo spesso in giro frasi di questo autore e le trovo particolarmente brillanti. Ho deciso così di dargli una seconda possibilità e lasciandomi consigliare da altri che se ne intendono di più, ho scelto di comprare Factotum, perchè si tratta di una storia lineare e non di un'antologia di racconti (che generalmente non sono mai di mio gusto). 
Devo aggiungere che, però, nemmeno questo mi ha soddisfatta; mi aspettavo qualcosa di decisamente diverso. 
Factotum è la storia di Henry Chinaski, di cui non conosciamo altro che l'ossessione per il bere, le donne e la continua ricerca di lavori semplici con cui guadagnare il minimo necessario per vivere. 
E' una storia che sembra scritta unendo tante bozze, senza seguire un criterio. Per esempio, quasi tutte le donne sono descritte, anche se a volte solo con alcuni accenni, mentre del protagonista non si nomina mai, per quanto posso ricordare, l'aspetto fisico. La cosa non è stata di mio gradimento, poichè faccio molta attenzione alle descrizioni, per riuscire ad immaginare al meglio i contesti.
Tutta la narrazione è una semplice successione di fatti che formano un circolo vizioso e si ripetono, abbastanza monotoni e poco originali. Henry che salta da un lavoro all'altro, che si licenzia dopo pochi giorni, che si ubriaca notevolmente e fa sesso occasionale. Arrivata a metà libro ero avida di una svolta e di qualcosa che cambiasse, perchè il tutto si stava facendo abbastanza noioso.
L'unica cosa positiva è che in mezzo a questa trama molto carente, narrata con uno stile volgare e sboccato, che potrebbe addirittura infastidire un lettore abituato a scritture eleganti e raffinate come, per esempio, quelle dei grandi classici, con un occhio d'attenzione si possono scorgere anche alcune riflessioni perfettamente sobrie e coscienziose sulla condizione dell'uomo e sulla sua ricerca di sfuggire alla realtà con ogni possibile mezzo. Sfortunatamente, le ho trovate troppo sporadiche e, magari, subito seguite da qualche accozzaglia di scurrilità, che ci fa dimenticare il resto.
Non c'è molto altro da dire, considerando anche la brevità del libro.
Bukowski o lo si ama, o lo si odia e quando si inizia un suo libro bisogna essere preparati a qualsiasi cosa, a causa del suo stile senza peli sulla lingua che non lascia nulla all'immaginazione.
Ho trovato che questo romanzo fosse una bella metafora dell'instabilità e precarietà dell'uomo, del fatto che niente sia certo e che tutto possa succedere, ma dal punto di vista emotivo ed educativo, non mi ha lasciato nulla.
Penso, però, che non mi arrenderò e che ancora una volta darò un'altra possibilità a questo autore, sperando che nel prossimo libro prevalgano i suoi pensieri assolutamente geniali sulla mondanità scabrosa.


VOTO: 5/6