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domenica 21 febbraio 2016

Uscite di Febbraio di Dunwich Edizioni

Buongiorno e buona domenica, vi presento le nuove uscite della casa editrice Dunwich, acquistabili a partire dal 26 febbraio:

Il circo dell'invisibile, Camilla Morgan Davis
Pagine: 230
Genere: Young Adult
Link d'acquisto: qui

Clio è una ragazza di quindici anni, da un anno è scappata dalla sua famiglia e vive a Edimburgo in un vecchio spaccio del pesce, ormai abbandonato. Trova nel misterioso Circo dell'Invisibile la possibilità di cambiare nuovamente la sua vita, trasformandosi nella Ballerina Sirena. 
Clio crede di vivere in un sogno che oscilla fra duri allenamenti, emozionanti spettacoli, strane amicizie e un dolce amore, ma il sogno nasconde una faccia oscura. 
Quali misteri si celano sotto i tendoni dorati e turchesi che ha imparato a considerare la sua casa?
Clio proverà a scoprirlo sfidando la meraviglia con l'inganno dei suoi stessi desideri.

Immaginare è la radice del circo. E' come il nocciolo di una pesca colta dall'albero.
Il circo immagina un sogno dopo l'altro. Quei sogni sotto la cupola dei tendoni diventano reali, forse per pochi attimi, ma quando il pubblico li vede, li percepisce come tali: sogni reali che hanno preso forma. Sogni bellissimi che lasciano a bocca aperta.



Quindici minuti (The Rewind Agency Vol. 1), Jill Cooper
Pagine: 234
Genere: Techno-Triller
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Quindici minuti. E' tutto ciò che la Rewind concede a una persona quando viaggia nel passato, ma per Lara Crane è abbastanza per trovare sua madre e impedirne l'assassinio nel corso di una rapina avvenuta dieci anni prima. Ma la storia che le è stata raccontata per tutta la vita è una menzogna. Quando Lara viene colpita dal proiettile che avrebbe dovuto uccidere sua madre, il suo futuro cambia per sempre: nuova casa, nuovi amici e nuovo ragazzo. E ora suo padre è in prigione. In una linea temporale che non riesce a comprendere, Lara sta per commettere un errore fatale e dovrà confrontarsi con un avversario che conosce molto bene...perchè fa parte della sua famiglia.

Il futuro può essere un luogo pericoloso, se hai cambiato il passato...




Vincolo di sangue (Once upon a steam Vol. 4), Alessia Coppola
Pagine: 144
Genere: Steampunk, Fantasy
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Una mantella rossa si aggira per gli oscuri meandri della Foresta di Steamwood. Rossa come il sangue versato in una battaglia tra il Clan dei Lupi e i Cacciatori.
Cappuccetto Rosso è cresciuta ed è divenuta una combattente, erede di una stirpe di cacciatori e portatrice di un segreto. Tra lotte, inganni, sortilegi, scelte difficili e infine amore, Beatrix scoprirà il suo destino e quello dei lupi, disegnando una nuova era.




L'agghiacciante caso del gatto nella minestra, Claudio Vastano
Pagine: 200
Genere: Giallo
Link d'acquisto: qui

Casper A. Pestalozzi è un investigatore privato un po' particolare. Odia i ricchi, veste esclusivamente un trasandato impermeabile nocciola, coltiva marijuana in un garage e vive in uno scalcinato appartamento nella periferia di Lucca. E' anche in grado di prevedere i cambiamenti del tempo e il suo solo amico è un ex psicologo che ha come unica prospettiva di vita il suicidio. 
Casper Pestalozzi è un relitto alla deriva. Ma quando l'altolocato avvocato Nardi viene ucciso durante un ricevimento e la polizia inizia a brancolare nel buio, toccherà proprio a Casper fare luce sull'identità dell'inafferrabile assassino. Da dove viene la terra nera ritrovata accanto al corpo della vittima? Di quale atroce segreto è a conoscenza il gatto che si nasconde nella minestra?
Avvalendosi delle sue conoscenze scientifiche e della logica deduttiva, fra situazioni comiche e drammatiche memorie, l'investigatore Pestalozzi giungerà a un'inaspettata verità.

venerdì 19 febbraio 2016

La signora Dalloway - Virginia Woolf

La signora Dalloway - Virginia Woolf
Pagine: 177
Edizione: Economica Feltrinelli
Titolo originale: Mrs Dalloway


TRAMA                                                                                 
Un mercoledì di metà giugno, Clarissa Dalloway, moglie di un deputato conservatore alla Camera dei Lords, esce per comprare dei fiori per la festa che quella sera riunirà nella sua casa una variopinta galleria di personaggi. Per le strade di londra passeggia anche Septimus Warren Smith. 
Nulla sembra legare i due: Clarissa ha cinquant'anni ed è ricca, Septimus ne ha appena trenta, è povero e traumatizzato dall'esperienza feroc e violenta della guerra, in cui ha perduto ogni pace. Eppure i due, senza mai incontrarsi, semplicemente sfiorando gli stessi luoghi comunicano. 


RECENSIONE                                                                                                                    
Virginia Woolf è un mostro sacro della letteratura inglese, una delle prime donne ad aver rotto tutte le convenzioni letterarie del romanzo borghese, con i suoi personaggi perfettamente riscontrabili nella realtà, le tematiche in serie e i fatti raccontati in un preciso ordine cronologico. In un grande momento di snodo della storia, il Novecento, lei afferma che l'accento va spostato dai fatti e va messo sull'animo degli uomini, l'interiorità, il pensiero; afferma che non esiste materiale più adatto di altri, uno stile più appropriato: l'importante è abbracciare il tutto, l'insieme di io e mondo. 
Il suo romanzo Mrs Dalloway è un ricco calderone che contiene tutti gli elementi più significativi della sua poetica: il flusso di coscienza e il monologo interiore, la molteplicità dei punti di vista, la rottura del concetto di tempo convenzionale a favore di una sua dimensione pienamente mentale. 
La narrazione è come un vento che sorvola Londra e osserva dall'alto la vita dei cittadini, dipingendoli prima dall'esterno per poi infiltrarsi nei loro corpi fatti di viscere e mente ed uscire subito dopo, con il fardello dei loro pensieri da spargere per il mondo. E' come se il lettore, nuotando in un ruscello, si trovasse travolto da una corrente di parole e ad ogni insenatura del flusso incontrasse un personaggio, che lo salva per un attimo, quanto basta per raccontargli la sua storia, e lo ributta dentro subito dopo. La trama si costituisce di due o tre avvenimenti al massimo, tutto il resto è composto dalla lotta tra i punti di vista opposti di qualsiasi personaggio la Woolf concepisca nella sua immaginazione. Tutti sono tra loro legati da un'intima affinità, così che anche nel fluire dei pensieri e nel cozzare delle loro prospettive opposte, non si perda mai il filo conduttore e ogni cosa risulti sempre legittima e al posto giusto. Lo spazio che viene dato all'esposizione di ogni prospettiva plausibile, fa sì che la caratterizzazione dei personaggi sia perfetta: di ognuno viene fatto un ritratto completo e a tutto tondo. La stessa signora Dalloway, colonna portante attorno a cui ruota il romanzo, è rappresentata in tutta la sua essenza che, come è solito dell'animo umano, risulta in sè divisa e contradditoria: per un verso essa è rappresentata come portatrice della luce, che sacrifica tutta sè stessa per organizzare i suoi parties e far sì che i suoi conoscenti possano vivere, almeno per una notte, un momento di felicità da ricordare. D'altro canto, alcune tra le persone che la conoscono meglio la descrivono come una snob, che si è persa nell'ombra del marito e della società borghese inglese in cui vive. 
"Come un'ondina vestiva di verde e argento, coi pendenti alle orecchie.
Pareva danzare sulle onde, intrecciando le lunghe ciocche; la sua sciarpa si impigliava nel vestito
di un'altra signora, ella si volgeva ridendo, disfaceva l'intrico, tutto con perfetta grazia,
come una creatura fluttuante nel proprio elemento.
Ma gli anni l'avevano sfiorata; così un'ondina, in una limpida serata sul mare, vede riflettersi
nel suo specchio il sole morente."
Nel perfetto mondo di Clarissa Dalloway, Virginia Woolf, che nella vita fu toccata e sconvolta emotivamente dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, inserisce la vicenda parallela di Septimus Warren Smith, un reduce di guerra traumatizzato e irrevocabilmente compromesso dall'esperienza. Egli è l'oscurità e la morte, il dolore senza via d'uscita: un elemento all'apparenza dissonante nel quadro d'ipocrita felicità quotidiana, ma in realtà fondamentale. La presenza di questa macchia buia serve a far sì che il romanzo diventi un ritratto della vita: mentre i borghesi si sollazzano nelle loro ricchezze e nei loro effimeri godimenti, mentre ridono e ballano ad una festa, nello stesso posto e allo stesso momento qualcun altro sta vivendo un momento di estrema sofferenza. Ma questa è la vita: l'oscurità nell'esistenza di uno, può coesistere con il culmine della gioia nell'esistenza di un altro. Il quadro generale risulta estremamente pessimistico, dominato da una inconsapevole ma spaventosa indifferenza per la tragedia altrui.
Il finale sembra una chiusura affrettata, ma a seguito di un'adeguata riflessione risulta un perfetto riassunto di tutta l'opera: la protagonista non appare alla fine del romanzo, ma la scena viene lasciata a disposizione di due personaggi di rilevante importanza nel passato della donna, che attraverso un fitto dialogo esternano la propria visione del mondo e dimostrano come il microcosmo in cui viviamo sia una nostra costruzione mentale in cui non vi è distinzione tra passato, presente e futuro e che anche l'assenza di una persona può invece essere presenza nell'animo di un'altra. 
E' straordinario come, in un minuscolo romanzo di solo un centinaio di pagine, possa esserci la vita. Una vita polifonica e multiforme, completa, rappresentata in tutta la sua essenza contrastante fatta di negatività e positività, luci e ombre.


VOTO: 9/10

lunedì 15 febbraio 2016

La coscienza di Zeno - Italo Svevo

La coscienza di Zeno - Italo Svevo
Pagine: 283
Edizione: Mondadori


TRAMA                                                                                          
Rimasto incompreso per molto tempo, La coscienza di Zeno è il resoconto di un viaggio nell'oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. L'inettitudine ad aderire alla vita, l'eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra salute e malattia sono i temi centrali su cui si interroga Zeno Cosini, nel primo romanzo psicoanalitico della letteratura italiana.


RECENSIONE                                                                                 
Un paragone che mi sorge spontaneo pensando a La coscienza è quello con l'edera, che con i suoi mille ramoscelli e le sue numerose foglioline verdi si espande a ricoprire le superfici: allo stesso modo l'invisibile presenza di questo libro sembra aleggiare perennemente nell'aria delle aule scolastiche, come se nel corso degli anni fosse cresciuta silenziosa, fino a distendersi omogenea sul soffitto, pronta ad infiltrarsi nei discorsi dei professori grazie a uno qualsiasi della grande vastità di contenuti che offre: la finzione letteraria, la psicoanalisi, l'inettitudine a vivere. E' un romanzo totalmente mentale, scritto da Zeno Cosini per il suo psicologo e pubblicato da questo stesso psicologo, al fine di vendicarsi dell'abbandono della cura da parte del suo paziente. Il racconto assume la forma di una confessione autobiografica e, nell'ultima parte, di una sorta di diario e si affida completamente a uno scorrere del tempo interamente soggettivo, il tempo della coscienza di Zeno che suddivide i fatti secondo il loro nucleo tematico, invece che l'ordine cronologico. E' proprio come se stesse svolgendo un monologo di fronte a un'audience: anticipa il futuro, lo commenta, lo critica, lasciando che l'ascoltatore presagisca ciò che avverrà, togliendogli un po' il gusto di speculare su ciò che potrebbe essere possibile e rendendosi unico protagonista indiscusso, che narra le cose come stanno o come se le immagina senza che nessun altro possa fare lo stesso.
E' un libro prolisso, ma non a vuoto: è la vita di Zeno che ci viene messa fra le mani e l'esistenza di una persona necessita di tempo e attenzione. I suoi giorni si srotolano davanti ai nostri occhi nella loro completezza e immensità, composta non solo di fatti, ma da pensieri, intuizioni, sensazioni: siamo dentro il suo cervello. E Zeno Cosini non ha un cervello come quello di tutti gli altri, è un personaggio che non si scorda facilmente: io penso di essermi un po' innamorata della sua stranezza.
E' un inguaribile fumatore, un nevrotico ipocondriaco con un'ottica distorta della vita e della gente che gli sta attorno, che fa sì che il binomio salute-malattia diventi separato da un confine estremamente labile per cui chi è sano diventa malato e chi è malato, mentitore e un po' fuori di senno sembra aver capito la vita meglio degli altri. Zeno è, soprattutto, un inetto, ma molto spesso mi sono trovata a chiedermi: e se fosse veramente questo il modo giusto di vivere la vita? Egli si lascia guidare da impulsi esterni e interni, come se fosse all'interno di una grossa stanza dalle pareti morbide, ovattate ed elastiche, e si buttasse con tutta la sua forza contro quella di fronte a sè, senza un apparente motivo, per venire sbalzato lontano, fino al punto di scontrarsi con la parete opposta e rimbalzare indietro di nuovo. E così facendo, dondolando ininterrottamente da un'estremo all'altro come un pendolo impazzito, egli asseconda il flusso degli eventi, cambia, sperimenta: come direbbe Pirandello, egli sembra ancora essere immerso nel magma incandescente e non si fissa in una forma, a differenza di tutti gli altri che si cristallizzano.
Il confine tra salute e malattia si rompe in mille pezzi nell'ultimo capitolo Psicoanalisi, che si conclude con un finale apocalittico di desiderio di distruzione del mondo e della "vita attuale inquinata alle radici", che Zeno giudica con occhio critico quasi ne fosse escluso. La sua diversità lo rende superiore ed estraneo ai valori in decomposizione di tutti coloro che lo circondano, lo fa apparire autentico, puro e in definitiva più sano degli altri. 
Un libro lungo, ma denso e interessante in ogni suo punto, che non si perde mai nel banale o nella ripetitività.

La vita più intensa è raccontata in sintesi dal suono più rudimentale,
quello dell'onda del mare, che, dacchè si forma,
muta ad ogni istante finchè non muore!


VOTO: 9,5

mercoledì 10 febbraio 2016

La camera azzurra - Georges Simenon

La camera azzurra - Georges Simenon
Pagine: 153
Edizione: Adelphi
Titolo originale: La chambre bleue


TRAMA                                                                                      
"Sei così bello" gli aveva detto un giorno Andrèe "che mi piacerebbe fare l'amore con te davanti a tutti..." Quella volta Tony aveva sorriso da maschio soddisfatto: perchè era ancora soltanto un gioco, perchè mai nessuna donna gli aveva dato più piacere di lei. Solo quando il marito di Andrèe era morto in circostanza non del tutto chiare, e Tony aveva ricevuto da lei il primo di quei brevi, sinistri biglietti anonimi, solo allora aveva capito, e aveva cominciato ad avere paura. Simenon racconta la storia di una passione divorante e assoluta, che non indietreggia nemmeno di fronte al crimine. 


RECENSIONE                                                                                                           
Quest'estate, al mare, mentre i miei genitori sedevano al tavolino di un bar sono entrata in una libreria, attirata come sempre dal fascino irresistibile dei volumi in vetrina. Ho comprato La camera azzurra insieme a Follia di McGrath, ammaliata dalle copertine e dalle esteticamente belle edizioni Adelphi. Ora mi fa sorridere pensare a come, incosciamente, io abbia deciso di acquistare insieme due libri tanto simili, entrambi così irrazionali e morbosi.
Questo romanzo si presenta a sfondo erotico, inquadrando per prima cosa l'atmosfera che aleggia in una stanza d'albergo dopo un rapporto sessuale, uno dei tanti, tra due amanti. L'intreccio sembra costituirsi del classico quadretto borghese, visto tante volte da risultare quasi banale, del marito commerciante con una moglie decisamente noiosa, quasi inesistente come fosse un fantasma al suo fianco e, al contrario, un'amante estremamente vorace e sensuale. Ciò che stupisce e ciò che distingue questa storia da altre strutturate allo stesso modo è il punto di vista innovativo e un po' distorto che viene adottato. Tony sembra essere vittima succube di Andrèe, femme fatale inarrestabile che prende l'iniziativa, lo induce quasi forzatamente a stare con lei e farla sua ed egli sembra quasi non accorgersi di ciò che sta facendo, sembra subire passivamente, come fosse sotto incantesimo. Un po' surreale questa visione delle cose, inattendibile poichè si sa che in un atto sessuale volontario ambo le parti sono consapevoli, soprattutto se si tratta di un tradimento (anche tenendo conto di eventuali rimorsi e timori delle conseguenze). Simenon, però, sembra volerci presentare la costruzione mentale di Tony, il suo auto-convincimento di innocenza come se questo fosse l'unica realtà possibile e vera. La conseguenza è che per tutto il romanzo il lettore si ritrova ad odiare la donna, una figura quasi demoniaca, e a provar compassione per l'uomo, rappresentato come un capretto ingiustamente immolato. In realtà questa sua immagine si sgretola fra le mura domestiche, tra cui si vede come egli si muove tra le stanze, osservando la moglie e la figlia quasi da lontano, in modo distaccato, troppo impegnato a portarsi sulle spalle il fardello dei sensi di colpa e ad arrovellarsi nelle sue stesse preoccupazioni e nei suoi stessi timori. 
La storia si presenta come un racconto in flashback di avvenimenti passati che, di tanto in tanto, si mescolano con interventi dell'io narrante su episodi successivi. Sappiamo, inoltre, fin dall'inizio o quasi che Tony sta raccontando queste vicende sotto interrogatorio, in attesa di un processo in tribunale e non ne conosciamo il movente. Il triangolo amoroso e l'erotismo su cui si basava il romanzo vengono così parzialmente oscurati da un'atmosfera tesa, quasi come quella di un giallo, la cui soluzione sarà svelata solamente alla fine. 
Il romanzo è abbastanza breve, in alcuni punti abbastanza ripetitivo e, secondo me, avrebbe potuto soffermarsi più a lungo sulla caratterizzazione dei personaggi e sulle dinamiche familiare compromesse dal tradimento. A causa di questi elementi abbastanza carenti, ne risulta un romanzo carino, ma non eccezionale, come avrebbe potuto essere grazie alla particolare nevrosi dei personaggi e soprattutto di Andrèe.


VOTO: 7

martedì 2 febbraio 2016

Crónica de una muerte anunciada - Gabriel Garcia Márquez

Crónica de una muerte anunciada - Gabriel Garcia Márquez
Pagine: 89
Edizione: Mondadori
Titolo italiano: Cronaca di una morte annunciata


TRAMA                                                                                 
Santiago Nasar morirà. I gemelli Vicario hanno già affilato i loro coltelli nel negozio di Faustino Santos. A Manaure lo sanno tutti: presto i fratelli della bella quanto svanita Angela vendicheranno l'onore di quella verginità rubatale in modo misterioso dall'aitante Santiago, ricco rampollo della locale colonia araba. Tutti lo sanno, ma nessuno fa alcunchè per impedirlo. E così la morte annunciata lo sorprende nel fulgore di una splendida mattina tropicale. Ma non per agguato o per trappola: un destino bizzarro e crudele fa sì che la fine di Santiago si compia per un concorso di fatalità ed equivoci, mentre gli stessi assassini fanno di tutto perchè qualcuno impedisca loro l'esecuzione.


RECENSIONE                                                                                                                               
Ho scelto Gabriel Garcia Márquez come mia prima lettura in lingua spagnola. Conoscevo già questo autore dall'esperienza di L'amore ai tempi del colera e Cent'anni di solitudine, entrambi mai terminati, ma questo romanzetto si è subito presentato molto scorrevole e "snello", tanto che seppur leggendolo in lingua, sono riuscita a comprendere tutto con facilità. 
La storia è molto semplice: Santiago Nasar deve morire e lo sa tutto il paese. Questo si divide tra coloro che evitano di agire, perchè confidano sull'azione altrui e coloro che, pur facendo del loro meglio per cambiare le cose, vengono irrimediabilmente ostacolati dal fato: l'inevitabilità del destino sembra essere una cappa prepotente che aleggia su Manaure.
Malcelata dietro la voce sudamericana del narratore, ho scoperto una certa pungente ironia a una società obsoleta, legata agli antichi valori dell'onore e della verginità-fino-al-matrimonio, ma soprattutto a quella sua parte in cui regna l'ignavia, quella parte che piuttosto di metter mano al destino altrui e arrischiarsi a cambiarlo, preferisce osservare con distacco la morte brutale di un innocente. Il fatto più eclatante e sconcertante (in senso negativo, ovviamente) è che i gemelli Vicario assassinano Santiago senza volerlo, solo perchè questo è ciò che silenziosamente richiede il popolo che li circonda, impregnato di tradizione e convenzionalismi da cui non riesce a liberarsi. In questo romanzo corale, la voce della massa e i suoi bisogni lasciati impliciti invadono prepotentemente l'atmosfera e si può dire che proprio il coro sia colpevole del crimine e non solo i due fratelli. Pensare che il racconto sia tratto da un avvenimento reale, fa riflettere ancor di più.
Nel primo capitolo si parla della morte di Santiago e nei seguenti quattro si riavvolge la matassa per ricostruire in maniera dettagliata la serie di eventi che l'hanno provocata, soffermandosi talvolta su un quadretto particolare di vita o sul passato di un personaggio rilevante. 

I personaggi sono delle leggende anonime: leggendari perchè fissati per sempre sul foglio come importanti testimoni di questa assurda tragedia, ma anonimi perchè l'autore non si sofferma a descriverne la vita, le caratteristiche fisiche o il carattere, ne leggiamo solo spezzoni di dichiarazioni, senza soffermarci su un minimo di caratterizzazione. Forse è proprio questo che contribuisce ad un certo distacco: a parte per la frase "Povero Santiago" uscitami quasi inconsciamente dalle labbra, un sussurro dettato dalla compassione, non mi sono sentita coinvolta nemmeno un po'. E' come se anche io fossi stata una fra i tanti del popolo, un'osservatrice impotente nel pubblico di questa tragedia teatrale. E si capisce chiaramente perchè Marquez abbia fatto questa scelta: la conseguenza è che ci si ritrova ad osservare con occhi freddi l'avvenimento, che è reso ancora più concreto perchè raccontato con ciò che gli spagnoli chiamano "estilo periodistico", ovvero il registro e la narrazioni propri dei giornali e delle riviste.
Una storia molto breve, un po' strana, ma che non è riuscita in nessun punto a trasportarmi nelle sue viscere fino a catturarmi e coinvolgermi emotivamente, bensì mi ha lasciata a galleggiare sulla superficie come un pesce che guarda e tace, in una boccia di vetro.

VOTO: 6