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domenica 22 febbraio 2015

Allegiant - Veronica Roth

Allegiant - Veronica Roth
Pagine: 538
Edizione: De Agostini
Titolo originale: Allegiant


ALLERTA SPOILER: recensione secondo libro qui


TRAMA                                                                                     
La realtà che Tris ha sempre conosciuto ormai non esiste più, cancellata nel modo più violento possibile dalla terrificante scoperta che il "sistema per fazioni" era solo il frutto di un esperimento. Circondata solo da orrore e tradimento, la ragazza non si lascia sfuggire l'opportunità di esplorare il mondo esterno, desiderosa di lasciarsi indietro i ricordi dolorosi e di cominciare una nuova vita insieme a Tobias. Ma ciò che trova è ancora più inquietante di quello che ha lasciato. Verità ancora più esplosive marchieranno per sempre le persone che ama, e ancora una volta Tris dovrà affrontare la complessità della natura umana e scegliere tra l'amore e il sacrificio.


RECENSIONE                                                                                                        
Avete presente la lotta interiore che vi assale nel momento in cui volete assolutamente andare avanti a leggere per sapere cosa accadrà, ma allo stesso tempo non volete arrivare alle ultime pagine e abbandonare tutti quei personaggi, che erano diventati così vicini e familiari? Se ce l'avete presente, allora potrete sicuramente comprendere i miei sentimenti riguardo a questo libro, ultimo capitolo delle Divergent Series. Averlo terminato mi permette di dire qualcosa che, anticipatamente, mi ero trattenuta dall'ammettere: quella di Divergent è la trilogia migliore che io abbia letto fino ad ora.
Dato che il paragone con Hunger Games era sempre sorto spontaneo, anche riguardo a questo terzo volume devo dire che le storie della Roth si posizionano su un gradino più alto del podio, soprattutto per la scrittura e il finale, entrambi sorprendenti e assolutamente non banali: la scrittura è immaginifica e metaforica, ricca e descrittiva; gli occhi scuri non sono semplicemente marroni o neri, ma "riflettono la luce come gocce di petrolio" e durante le corse frenetiche sembra di percepire la tensione nei polpacci, il rumore delle suole, la durezza dell'asfalto che si ripercuote lungo tutta la gamba. Suzanne Collins aveva scelto per Il canto della rivolta un lietofine da fiaba, un sogno principesco che si realizza e che io avevo trovato assolutamente inadatto a un genere distopico ricco di azione e di morte; Veronica Roth opta, invece, per un'audacia spietata, ma inaspettata che lascia le fangirl e i lettori ossessionati dalla saga con occhi pieni di lacrime e rabbia, ma sicuramente anche di ammirazione per un tale coraggio di scelta.
Ma partiamo dal principio.
In altre serie è quasi sempre il primo libro ad essere il più apprezzato, perchè tutto risulta nuovo: ci sono personaggi sconosciuti da descrivere e contesti da strutturare, mentre successivamente la concentrazione passa totalmente sull'azione e sui colpi di scena, perchè in mancanza di questi elementi la lettura risulterebbe monotona, povera e insapore. Un'altra qualità di questa trilogia è, invece, il fatto che in ogni volume ci sia sempre qualcosa di nuovo: personaggi che vengono tolti dalla scena, altri che vengono aggiunti; istituzioni che crollano, relazioni da ridefinire, comportamenti che cambiano, caratteri che si trasformano. Una medaglia d'oro va alla scelta di spostare l'ambientazione di ogni volume, in modo che i personaggi si muovano come nomadi, che il loro orizzonte possa allargarsi e l'occhio posarsi su paesaggi diversi. Ma è proprio con Allegiant che si raggiunge un climax nell'innovazione: oltre all'adattamento a nuovi spazi, i personaggi devono affrontare l'adattamento a una nuova verità. Tutte le certezze del passato crollano e loro stessi, in quanto individui, vengono sradicati dalla loro importanza e oppressi da un senso di inutilità. Si ha l'impressione di camminare con loro su un terreno sconnesso, come su una di quelle giostre in cui gli scalini si alzano e si abbassano mentre sali. 
L'atmosfera è permeata di tensione e il coinvolgimento è reso ancora più intenso dalla narrazione. Nei primi due libri era la voce di Tris a tenerci la mano in mezzo a tutto il caos che aveva attorno e dentro; in questo è inserito, a capitoli alterni, il punto di vista di Quattro. Quattro è stato il mio personaggio preferito fin dal primo istante, nonostante tutte le sue trasformazioni e i suoi sbagli, perciò mi sembra quasi scontato dire che ho approvato con entusiasmo il fatto di seguire la storia anche dalla sua prospettiva, anche se incontrare un cambiamento simile solo nell'ultimo volume mi aveva fatto storcere il naso. Potrebbe sembrare una scelta presa alla leggera, solo per aggiungere qualcosa di particolare, ma si arriverà a scoprire che nemmeno questa decisione è stata casuale. Un ulteriore premio di consolazione è stato scoprire che esiste un breve sequel, un quarto libro che quasi per scherzo si chiama Four. E' una raccolta di racconti di Quattro e su Quattro, che non vedo l'ora di leggere e che mi permetteranno di tenere stretto ancora per un po' un sottile lembo di questa storia a cui sono così affezionata.
Ci sarebbero così tante cose da dire, mie emozioni da trasmettervi riguardo ad ogni personaggio e ad ogni avvenimento, ma toglierei il piacere della lettura e sarebbe assolutamente sbagliato, considerando che questo libro ne vale la pena. 
La grande consolazione in tutto questo è sapere che, quando ne sentirò il bisogno, potrò riprendere tra le mani Divergent e rivivere tutto dal principio. 


"Avevo tanta paura che, se fossimo rimasti insieme, avremmo solo continuato a cozzare per sempre, 
e che alla fine tutti quegli scontri mi avrebbero mandata in pezzi.
Ma ora so che io sono la lama e lui è la cote.
Sono troppo forte per rompermi così facilmente, e ogni volta che lo tocco divento migliore.
più affilata."


VOTO: 9 

domenica 15 febbraio 2015

Cinquanta sfumature di grigio - E.L. James

Cinquanta sfumature di grigio - E.L. James
Pagine: 548
Edizione: Mondadori
Titolo: Fifty shades of grey


TRAMA                                                                        
Quando Anastasia Steele, graziosa e ingenua studentessa americana di ventun anni incontra Christian Grey, giovane imprenditore miliardario, si accorge di essere attratta irresistibilmente da quest'uomo bellissimo e misterioso. Convinta però che il loro incontro non avrà mai futuro, prova in tutti i modi a smettere di pensarci, fino al giorno in cui Grey non compare improvvisamente nel negozio dove lei lavora e la invita a uscire con lui. Anastasia capisce di volere quest'uomo a tutti i costi. Anche lui è incapace di resisterle e deve ammettere con sè stesso di desiderarla, ma alle sue condizioni. Presto Anastasia scoprirà che Grey è un uomo tormentato dai suoi demoni e consumato dall'ossessivo bisogno di controllo, ma soprattutto ha gusti erotici decisamente singolari e predilige pratiche sessuali insospettabili...


RECENSIONE                                                                                                                   
Fin dal momento in cui è uscito nelle librerie ed è stato visto tra le mani di sempre più numerose lettrici e il suo titolo era nominato in sempre più conversazioni fino a diventare un best-seller internazionale grazie a concitati passa-parola, io sono stata fermamente convinta di non volerlo leggere. Non è il mio genere, trovo che la letteratura erotica cadda spesso nel volgare; i migliori blogger lo recensivano come un libro da poco e la trama mi sembrava abbastanza banale. 
Ma il 12 Febbraio il film ha bussato alle porte e la notizia ha cominciato a spargersi nelle città peggio della peste: ogni altro film che guardavo al cinema era anticipato da questo trailer, si trovavano le prevendite all'ingresso e grossi manifesti lo pubblicizzavano nelle librerie.
Ho deciso che l'avrei guardato, un po' condizionata dal fascino dell'attore principale e un po' dal fatto che un film di questo tipo avrebbe offerto una buona scusa per passare la classica "serata fra donne" con le amiche. Siccome non mi piace guardare un film senza aver letto il libro, mi sono decisa a provarci: l'ho iniziato. 
La storia, a smentita del detto "l'apparenza inganna", è poco originale come aveva lasciato intuire la trama; l'ho trovata decisamente monotona laddove molti la definivano "eccitante" e anche abbastanza prevedibile. All'inizio, nonostante girassi le pagine intuendo già cosa sarebbe accaduto, è inevitabile un lieve coinvolgimento, dato che la storia è sul nascere e tutto risulta nuovo, ma da un certo punto del libro in poi, scontato a dirsi, c'è solo sesso. Quel poco più che resta è, inoltre, altamente ripetitivo: Anastasia è combattuta tra il firmare o no il contratto che Mr. Grey le propone e continua a cambiare idea fino a diventare quasi esasperante; lui, d'altro canto, è volubile e incomprensibile, alternando atteggiamenti a mio parere violenti e irrispettosi, con altri eccessivamente premurosi. 
I personaggi sono visti e rivisti, come maschere di una commedia latina, che mantevano la "facciata" cambiando solo l'indossatore, e sono poco precisi e caratterizzati, come se un disegnatore maldestro li avesse rappresentati sulla carta sbavando i contorni: lei è la classica giovane ingenua, che non ha esperienza dell'amore e si limita a viverlo tra le pagine della letteratura inglese. Una Biancaneve moderna con gli occhi da cerbiatta, lo sguardo un po' perso e l'aria di essere una candida bambina indifesa, che mostra quanto il mondo la spaventi mordicchiandosi ossessivamente il labbro. Lui è il classico miliardario in giacca e cravatta, circondato da segretarie bionde disposte a tutto pur di ammirare a distanza la sua trascendentale bellezza. Un uomo fatto da sè (anche se non si riesce proprio a capire, in più di 500 pagine, che lavoro faccia), indipendente e autoritario che, ovviamente, si innamora dell'anonima ragazza di periferia, per la quale sviluppa istinti ossessivi, decisamente rientranti nella categoria dello stalking. Nel momento in cui si conoscono, come durante un fenomeno fisico di equilibrio termico, alcuni elementi di Christian Grey passano ad Anastasia e viceversa: lui acquista un briciolo di dolcezza, in mezzo a tutto il groviglio di vizi estremi che si porta dentro, e lei mostra un'inaspettata convinzione su certi aspetti, ma entrambi hanno sempre attitudini poste sul filo del rasoio, che potrebbero cambiare da un momento all'altro.
Mi è piaciuto il fatto che Ana non si sia lasciata sottomettere al cento per cento e abbia dato anche il suo contributo nella relazione, riuscendo a cambiare il rigido ed apparentemente immutabile Grey, nonostante i pensieri della sua vocina interiore siano un abominio per il femminismo mondiale. Infatti, seppur talvolta si dimostri abbastanza decisa, la sua interiorità, la sua mente sembrano totalmente soggiogate all'attraente maschio alfa.  Alcuni dialoghi si salvano dalla prevedibilità di tutto il resto, risultando allusivi, stuzzicanti, anche abbastanza intelligenti e ben pensati, ma vengono sminuiti nel momento stesso in cui, negli inframmezzi, compaiono i pensieri di Ana, estasiati come davanti ad una visione mistica, ma limitati a dei semplici "Oddio" o a dei ridicoli richiami a sè stessa come "Riprenditi, Miss Steele!". La narrazione ha il suono della sua voce e della sua testa: chi ci parla è, infatti, Ana in prima persona e al presente; scelta un po' banale e sconsigliata che, insieme alla scrittura acerba e al lessico povero, fanno crollare il livello della lettura. 
Il finale è anche meglio di quanto pensassi, se non fosse che non si tratta di un termine definitivo, perchè questo è solo il primo libro della trilogia. 
E' sicuramente da premiare l'audacia della scrittrice che, pur essendo al suo libro d'esordio, non ha avuto peli sulla lingua e ha parlato senza censure di un argomento che per molti è un tabù, ma dal punto di vista letterario, nonostante sia da riconoscere l'influenza che il libro può avere sul lettore, penso che sia salvabile solo una piccola parte, in mezzo a un mucchio di altri difetti.


VOTO: 5

sabato 7 febbraio 2015

Il bambino con il pigiama a righe - John Boyne

Il bambino con il pigiama a righe - John Boyne
Pagine: 224
Edizione: RCS Libri
TItolo originale: The boy in the striped pyjamas


TRAMA                                                                            
Leggere questo libro significa fare un viaggio. Prendere per mano, o meglio farsi prendere per mano da Bruno, un bambino di nove anni, e cominciare a camminare. Presto o tardi si arriverà davanti a un recinto. Uno di quei recinti che esistono in tutto il mondo, uno di quelli che ci si augura di non dover mai varcare. 
Siamo nel 1942 e il padre di Bruno è il comandante di un campo di sterminio. Non sarà dunque difficile comprendere che cosa sia questo recinto di rete metallica, oltre il quale si vede una costruzione in mattoni rossi sormontata da un altissimo camino. Sarà doloroso e necessario accompagnare Bruno fino a quel recinto, fino alla sua amicizia con Shmuel, un bambino polacco che sta dall'altro lato della rete, nel recinto, prigioniero.


RECENSIONE                                                                                                                 
Auscit. Il Furio. Le parole e la loro potenza sono ciò a cui bisogna ricorrere per ricordare, richiamare in vita un tratto di storia che avrebbe dovuto essere eliminato nel passato, ma che non può essere eliminato adesso. Parole storpiate, parole che richiamano ad un passato terrificante, parole che passano attraverso un filtro di ignara innocenza: la mente di un bambino.
Pur avendo letto Se questo è un uomo, che è una testimonianza diretta, assistito all'impattante e fortissima Istruttoria di Peter Weiss e pur avendo guardato numerosi film sull'argomento, Il bambino
con il pigiama a righe mi ha angosciata e riempita di rabbia per ciò che leggevo. 
La Shoah, Auschwitz sono argomenti a cui non mi abituerò mai, che mi entrano dentro e mi fanno venire la pelle d'oca ogni volta, in modo particolare se a raccontare è un bambino di nove anni.
La narrazione, infatti, gioca un ruolo fondamentale. Sembra di scorgere la verità attraverso una coltre di nebbia, niente ci viene riferito in modo diretto. 
Bruno si guarda intorno e ciò che vede è semplicemente un mondo da esplorare, senza considerare la malignità inconcepibile che lo permea. Bruno partecipa alla visita di un "ometto coi baffi" di nome Hitler a casa sua senza sapere di chi si tratti, Bruno non capisce il motivo per cui tutta la sua famiglia debba trasferirsi dall'affascinante città di Berlino e alla desolata Auschwitz. Ammira la nuova uniforme del papà, il modo in cui tutti gli portano un reverenziale rispetto, ma quando a scuola la maestra gli domanda che professione eserciti, lui non sa rispondere. Il bambino esce dalla sua stanza da letto e trova il bagno occupato da un tenente, che trascorre lì la notte quando il suo babbo non c'è e alla mattina bisbiglia in un angolo con sua madre. Bruno si affaccia alla finestra e vede una grande costruzione recintata dal filo spinato con tante persone all'interno, vestite tutte allo stesso modo. Mi sono venuti i brividi, quando le sue parole innocue hanno descritto il "panorama", quando si è domandato perchè tutti portassero quel pigiama a righe e perchè alcuni uomini salutassero i soldati prostrandosi a terra, per poi essere portati via di peso; mi sono venuti quando ha chiesto al padre chi fossero quelle persone, per sentirsi rispondere "quelle non sono persone".
Ciò che rende il racconto ancor più terribile è proprio l'oggettività. Si può pensare che le testimonianze siano sempre sconvolgenti a causa del coinvolgimento emotivo di chi le riporta, ma quando la protagonista è l'obiettività impersonata da un bambino di nove anni, una bocca della verità non condizionata da giudizi adulti o dati a posteriori come i nostri, come si può restare indifferenti? La brutalità, la crudeltà, l'ignoranza e la cattiveria gratuita dei personaggi ne risultano immutati, se non peggiorati.
Dall'altra parte della recinzione, anche Shmuel vive la situazione inconsapevolmente ed è forse proprio per questo che riesce a sopportarla.
L'immagine dei due bambini della stessa età, nati nello stesso giorno ed anche simili fisicamente che si guardano attraverso una recinzione, potendosi a malapena toccare, vicini e al contempo distanti, è efficace, perfetta a dipingere due mondi opposti e separati da una sottile linea di confine. Due mondi in cui due bambini senza colpa sono stati sradicati dal loro luogo di nascita per essere portati in un covo di orrore e morte. La loro amicizia dimostra come i bambini nascano buoni e siano, poi, compromessi dalla società e dalla storia che inculca il pregiudizio nelle loro menti candide; il loro anormale rapporto mette in luce come gli eventi di questa portata travolgano anche, e soprattutto, chi non lo meriterebbe.
Il bambino con il pigiama a righe è un breve romanzo che si trova nell'area ragazzi della biblioteca, scritto a caratteri grandi e capitoli brevi, ognuno introdotto da un breve riassunto, come a introdurre una fiaba. Una copertina semplice, un libro all'apparenza innocuo. Io lo consiglierei, invece, anche agli adulti, agli adolescenti più maturi, ai lettori più audaci. Penseranno di affrontare una tematica pesante, ma affievolita e ammorbidita, e scopriranno di essersi sbagliati.


"E mentre lei era lì, un'ultima riflessione sorse nella mente del fratello che osservava le centinaia
di persone indaffarate laggiù: tutti quegli individui erano vestiti uguali.
Indossavano un pigiama grigio a righe e sulla testa portavano un berretto grigio a righe.
"Incredibile" borbottò, prima di distogliere lo sguardo.


VOTO: 8