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mercoledì 20 agosto 2014

Candido - Voltaire

Candido o l'ottimismo - Voltaire
Pagine: 125
Edizione: Economica Feltrinelli
Titolo originale: Candide ou l'optimisme


TRAMA                    
Attraverso la parabola del povero Candido, un inguaribile ottimista, il narratore porta uno "sguardo rapido su tutti i secoli, tutti i paesi, e di conseguenza, su tutte le sciocchezze di questo piccolo globo." 
Candido consente a Voltaire di perfezionare il nuovo genere letterario da lui creato, il conte philosophique. Le convulse e mirabolanti disavventure del protagonista offrono all'autore l'opportunità di dimostrare la vanità dell'ottimismo razionalista leibniziano, che vedeva realizzato nell'universo il migliore dei mondi possibili, nonchè di sviluppare una straordinario lezione di sopravvivenza alle catastrofi della natura e della storia.


RECENSIONE                     
Devo ammettere che per scrivere una recensione di un libro come questo avrei forse bisogno, prima, di una lezione su Voltaire da parte del primo prof di filosofia, ma visto che dovrei aspettare più di un mese, scriverò dall'umile punto di vista di semplice lettrice.
Quella di Candido è stata una lettura veloce e breve, ma comunque attenta, perchè immaginavo che sotto le avventure del protagonista si nascondessero celati riferimenti a dottrine filosofiche importanti e così è.
Il tema principale è, sicuramente, la critica all'ottimismo. 
Esso viene definito come "il delirio di sostenere che tutto va bene quando tutto va male". Trascritto nei termini di Voltaire, l'ottimista prende le sembianze di un illuso, un ingenuo, cieco davanti al mondo che crolla. Emblema di questo pensiero è Pangloss, il precettore e educatore di Candido, sostenitore della teoria del tedesco Leibniz secondo cui "tutto è per il meglio" e ci sarebbe, nel mondo, un ambiente perfetto, immacolato, una specie di paradiso terrestre. 
Tutto ciò è, però, chiaramente impensabile una volta che ci si trova davanti a palesi ingiustizie del mondo, così viene introdotto un altro tema: quello del fatalismo. In questa storia, infatti, un ruolo molto importante è giocato dal destino che con il suo disegno di coincidenze assurde crea nei personaggi una sorta di rassegnazione che li porta a mantenere il loro ottimismo, giustificandosi con il pensiero che se qualcosa avviene, è perchè così deve essere e ciò è giusto.
In realtà, a partire da una svolta nella narrazione e dal'introduzione del personaggio dalla vecchia e saggia curatrice, si percepisce sempre di più un'atmosfera di sventura e pessimismo che avvolge tutti. Le disgrazie avvengono a ruota libera, succedendosi senza darsi freno e, come se non bastasse, entrano in scena anche le catastrofi naturali. Tra i vari riferimenti storici, infatti, uno dei primi è quello al terremoto di Lisbona del 1755, che distrusse la città e causò molte vittime. Si dice che, proprio questo tragico avvenimento, sia stato la causa scatenante per la stesura del romanzo, in quanto un altro dei temi trattati è il male in tutte le sue forme. Il male della natura che si ribella contro l'uomo, dell'uomo contro l'uomo, un tutti contro tutto confuso e caotico, costellato di soldati, guerrieri, ladri e farabutti. 
A causa di questa particolare predisposizione verso simili argomenti, già nella prefazione l'autore ci viene presentato con una frase a effetto: "Pare sempre, che Voltaire creda in Dio. In realtà, egli non ha mai creduto ad altri che al diavolo." Non ha peli sulla lingua e non utilizza di certo eufemismi quando si tratta di descrivere panorami di corpi straziati o fornire qualche sadico e macabro dettaglio.
Tutta questa dottrina è celata sotto le vicende che capitano al protagonista e alla sua cerchia di compagni. L'intreccio è grottesco e surreale, la narrazione è spesso fortemente sarcastica e satirica: "il barone era uno dei più potenti signori della Westfalia, poichè il suo castello aveva porta e finestre." 
Tutta l'esagerazione di fatti e personaggi portati all'eccesso è narrata in brevi capitoli che hanno, per titolo, come un breve riassunto. Sembra quasi di sentire l'ironica e goliardica voce di un narratore esterno che, beffardo, ci introduce ai fatti di cui Candido è protagonista. Il suo nome è tutto un programma, perchè oltre a rispecchiare il suo aspetto puro e immacolato e il suo temperamento dolce, rappresenta anche la sua grande ingenuità, il suo candore appunto, l'innocenza che lo fa sembrare un bimbo. Si porta le sventure addosso, proprio a causa del suo agire senza malizia e sospetto nel prossimo che, spesso, se ne approfitta.
Sembra di leggere delle comiche, delle commediole divertenti alla Charlie Chaplin, che si districano tra prigionie, violenze, ma anche viaggi e banchetti a cui partecipano eminenti figure intente a filosofeggiare. In queste occasioni, Voltaire coglie lo spunto per inserire nei dialoghi forti critiche ai suoi detrattori, giudicando le loro opere scadenti e facendoli ripudiare dalla bocca dei personaggi stessi.
Insomma, mi aspettavo un saggio filosofico pesante e indistricabile, che in realtà si è rivelato un romanzetto breve e dal ritmo rapido, facile da leggere e altrettanto da interpretare. 
La storia è totalmente pazza e incredibile, ma penso che offra molti spunti di riflessione su cui riflettere.
Lo consiglio soprattutto a chiunque sia interessato, o studi, la filosofia.


VOTO: 7

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