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martedì 30 giugno 2015

Il piacere - Gabriele D'Annunzio

Il piacere - Gabriele D'Annunzio
Pagine: 342
Edizione: Mondadori


TRAMA                                                                                        
La vicenda del protagonista racconta il vuoto di valori e la crisi della società aristocratica ottocentesca, di un mondo che, malato di edonismo, va verso il proprio disfacimento, soffocato dalla realtà contemporanea che alla bellezza va sostituendo, come unico valore, il profitto. Il conte Andrea Sperelli, giovane artista e raffinato esteta, intende, come altri personaggi della coeva letteratura europea "fare la propria vita come si fa un'opera d'arte". Privo di una reale forza morale, Andrea percorre così un itinerario tormentato, segnato da complicati amori, dalla sterile ricerca del piacere e assiste al decadere del proprio mondo e all'agonia di quell'ideale di bellezza che la realtà contemporanea va negando.


RECENSIONE                                                                                                                            
"Poi, sul divano: ti ricordi? Io ti ricoprivo il petto, le braccia, la faccia, con i fiori, opprimendoti. Tu risorgevi continuamente, porgendo la bocca, la gola, le palpebre socchiuse. Fra la tua pelle e le mie labbra sentivo le foglie fredde e molli. Se io ti baciavo il collo, tu rabbrividivi in tutto il corpo, e tendevi le mani per tenermi lontano. Avevi la testa affondata nei cuscini, il petto nascosto dalle rose, le braccia nude sino al gomito; e nulla era più amoroso e dolce che il piccolo tremito delle tue mani pallide sulla mie tempie...Ti ricordi?"
La prima cosa che colpisce di questo libro è l'estetismo, palese in questa descrizione come in molte altre. I paesaggi di Roma di notte o al tramonto "ch'è sempre giovine e sempre novella e sempre misteriosa, come il mare", il mare stesso, le abitazioni, i salotti, le camere da letto. Qualsiasi ambientazione, qualsiasi avvenimento è reso come un incanto di sogno, un paradiso onirico e se dovessi scegliere due parole chiave di questo libro, oltre a "bellezza" e "amore", esse sarebbero "fiori" e "musica". La natura, le piante, il verde, i parchi, ma soprattutto i fiori sono ovunque; le rose riempiono i vasi della casa di Andrea Sperelli, le viole sono spillate agli abiti di ogni dama. La musica è presente in ogni salotto, non c'è un pianoforte che non sia sfiorato da abili dita. E' un libro ritmato e profumato, delicato come un petalo e lieve come una delle sonate di Beethoven. Forse, al posto di "musica", potrei scegliere "arte" in senso lato. E' presente ovunque, talvolta in modo quasi prepotente. Si infila nelle descrizioni di un viso, di un corpo, che viene prontamente paragonato alla tal Vergine, al tal ritratto nella tal galleria. L'arte è anche poesia, scultura, componimenti scritti sui piedistalli delle statue. E' un elemento essenziale senza il quale il libro non sarebbe lo stesso, a volte sembra quasi che l'autore voglia urlarcela, buttarcela addosso con violenza questa importanza, e scrive lunghissime descrizioni approfondite di una stanza piena di gingilli, tondi e quadretti, in modo quasi eccessivo, assolutamente minuzioso e preciso. 
Un'altra parola sarebbe sicuramente "donna". Il protagonista, Andrea Sperelli, è un esteta, un Dandy dal finissimo gusto, eleganza, fascino ammaliante e consapevolezza di sè, ma bisogna spingersi dietro questa facciata e scovare la sua amoralità, la sua indiscrezione nel sedurre e abbandonare donne lascive. E' uno sfacciatissimo Don Giovanni che permea il romanzo di lussuria e l'unico pregio che l'autore trae da questa "attività" del personaggio è la capacità di ritrarre le donne. Dimostra egli stesso di essere un grande conoscitore della figura femminile nei dettagli minimi che a un osservatore distratto passerebbero inosservati. Nonostante esse cedano immancabilmente al fascino di Sperelli, non sono donne deboli. Sono donne fondamentali, che portano sapore nella storia (e nella vita stessa) che senza di loro non starebbe in piedi; sono il fulcro, il nucleo da cui scaturisce tutto.

"Ci sono bocche di donna le quali paiono accendere d'amore il respiro che le apre.
Le illumini la bontà d'un consenso o le oscuri un'ombra di disdegno,
le dischiuda il piacere o le torca la sofferenza, portano sempre in loro un enigma che turba gli uomini intellettuali e li attira e li captiva."

Elena Muti e Maria Ferres sono, in particolare, i due tormenti di Andrea, due bellezze divine che
personificano l'amore carnale e l'amore platonico. Prima una poi l'altra passano nella vita del protagonista e nel corso del libro, e tra abbandoni e rifiuti e concessioni, arrivano a fondersi in una terza donna ideale, viva solo nell'immaginazione. Ho amato Elena quasi quanto il protagonista: riesce a catturare il lettore e a esercitare il suo fascino su di lui anche senza bisogno di vederla, anche se è solo descritta a parole. E' una creatura quasi leggendaria, di una bellezza eterea ma d'impatto, forte sia fisicamente che caratterialmente. Maria è più pura, più innocente, quasi fosse ancora una ragazzina, e abbiamo il piacere di ascoltare la sua voce, nel momento in cui la narrazione in terza persona viene sostituita dalla cronaca del suo diario.
Il libro è diviso in quattro parti, la seconda un po' più lenta delle altre e la quarta un po' più breve. Si comincia con l'attesa di un incontro, in cui il protagonista si trastulla nei ricordi, per poi procedere in flashback dal momento in cui tutto è iniziato.
Non so se sono stata in grado di rendere giustizia a un grande classico della letteratura italiana, pieno di passione e coinvolgente anche dal punto di vista della trama. Posso solo dire che non può mancare nella libreria di casa, forse nemmeno sul comodino per poter rileggere, ogni tanto, qualche passaggio di un'opera di grande bellezza.


VOTO: 9

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