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domenica 8 giugno 2014

Una scrittura femminile azzurro pallido - Franz Werfel

Una scrittura femminile azzurro pallido - Franz Werfel
Pagine: 131
Edizione: Adelphi
Titolo originale: Eine blassblaue Frauenschrift


TRAMA
Siamo a Vienna, nel 1936. Un alto funzionario ministeriale, sposato a una bella e ricca dama viennese, apre una mattina una lettera. Sulla busta riconosce una scrittura femminile azzurro pallido. Quella lettera si insinua immediatamente, come una lama, nella sua vita troppo levigata e la disarticola dall'interno. Apparentemente, in poche righe molto formali, la scrivente chiede l'aiuto del potente funzionario per trasferire in una scuola viennese un giovane tedesco di diciotto anni. Ma, per il destinatario, quelle righe cifrate significano il riaffiorare di un amore di molti anni prima, un amore cancellato con ogni cura. E il giovane ignoto non sarà forse un figlio ignorato? Quella storia, che ora giace nella memoria del brillante funzionario come "una tomba interrata che nessuno riesce più a localizzare", era stata forse il più grande, forse l'unico vero amore della sua vita. 
Ma al tempo stesso era qualcosa che il suo "cuore guasto" aveva dovuto eliminare. La feroce coazione ad adeguare la propria vita alle esigenze della società, quasi un secondo parto operato da un ostetrico di se stesso, hanno distaccato quest'uomo da qualsiasi altro elemento della sua esistenza, dalle sue origini incerte e povere come anche da quella passione inaccettabile.


RECENSIONE
Una scrittura femminile azzurro pallido mi è stato consigliato tra le letture estive facoltative dalla mia prof d'italiano e, da subito, il titolo mi aveva ispirato grandi aspettative.
Se bisogna analizzarlo dal punto di vista della trama, non si può che dire che essa sia un po' carente e banale, di quelle sentite e risentite: un triangolo amoroso, un'amante che ricompare dopo 18 anni e la possibilità di un figlio mai conosciuto.
Questa trama, però, è raccontata con uno stile molto ornato ed evocativo, pieno di periodi lunghi legati fra loro con grande abilità; una scrittura fine ed elegante soprattutto nelle descrizioni fisiche dei personaggi. C'è una grande concentrazione sui visi che vengono illustrati in modo molto poetico, ma non astratto, bensì rendendoli quasi palpabili, come se fossero davanti ai nostri occhi.
"Per un attimo affonda lo sguardo negli occhi di Amelie. Sono verdastri, oggi, e molto chiari. (...) Sono più vecchi di lei, i suoi occhi. Le sopracciglia ritoccate dal trucco li rendono fissi. Le ombre di una stanchezza azzurrognola li ghermiscono con un primo sospetto di decadenza. Così, anche nelle stanze più pulite, si deposita in certi angoli una patina di polvere e fuliggine. C'è in quello sguardo femminile un non so che di quasi devastato che lo avvince."
Per quanto riguarda la narrazione, essa segue il flusso di pensieri del protagonista, e attraverso essi possiamo ben capire molte cose fondamentali della cultura del periodo, che se viste esternamente non sarebbero scaturite così vivide. Ciò che pensa, mette anche in gran luce la sua personalità e il suo alter ego che è accresciuto con l'aumentare delle sue ricchezze; ribadisce, fino alla noia, quanto sia stato fortunato, quanto sia un pargolo degli Dei che l'hanno graziato, l'hanno tenuto sotto l'ala protettiva. Questo particolare è molto calcato nella storia, viene ripetuto molto spesso, ma senza creare fastidi, perchè lo scavare nel passato del protagonista mi è sembrato molto interessante e soprattutto utile per definirlo, per dargli un contesto. Leonida, che aveva già la vittoria nel nome importante e pretenzioso, partendo da umilissime origini ha scalato le vette della società solo grazie ad un bell'abito e alle sue capacità di ballerino. E' sorprendente come solo un frac elegante possa cambiare la vita di una persona in modo così esorbitante e da qui si può aprire uno spiraglio per un'interessante riflessione sul destino: il frac, infatti, lo ha ereditato dal giovane uomo della stanza a fianco alla sua che glielo ha lasciato per compensare il disturbo che gli aveva provocato sparandosi un colpo di pistola alla testa.
Leonida è fiero di sè stesso, ma quando arriva la lettera, anche questo suo castello di orgoglio e fierezza comincia a cadere a pezzi. Perchè è successo proprio a lui e non a qualcun altro? Perchè lui, macchiato di una colpa così meschina, è stato graziato?
Da questo punto in poi, il libro rivela di essere un grande romanzo sulla potenza delle parole, ed è quasi sconvolgente come solo un po' di lettere possano incidere, insieme alla carta su cui sono scritte, anche il cuore di una persona e sconvolgerne la vita e i pensieri.
Werfel racconta magistralmente le reazioni interne al protagonista, i suoi sentimenti sconvolti e alcune parti sono assolutamente ipnotiche e coinvolgenti, perchè raccontano esattamente ciò che avviene dentro di noi in situazioni simili.
La trama, che riassunta in un triangolo amoroso, sembrava carente, diventa sempre più approfondita e contorta man mano che si prosegue a indagare sui fatti.
Il finale mi è piaciuto a metà, perchè seppur caratterizzato da una rivelazione abbastanza struggente, le vere ultime pagine sembrano concentrarsi su qualcosa di più irrilevante, descrizioni superficiali di eventi in corso in quel momento. Forse, questo viene usato dall'autore come espediente per rendere al meglio le emozioni del protagonista, che diventa uno spettatore della sua stessa vita.
Una lettura piacevole, anche se non eccezionale.


VOTO: 7

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