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lunedì 28 settembre 2015

Stoner - John Williams

Stoner - John Williams
Pagine: 322
Edizione: Fazi Editore
Titolo originale: Stoner


TRAMA                                                                        
William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant'anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante.


RECENSIONE                                                                                                               
"Faceva il suo dovere all'università come alla fattoria - accuratamente, coscienziosamente, senza piacere nè pena. Alla fine del primo anno, la sua media era appena sotto la B; era contento che non fosse più bassa e non si crucciava del fatto che non fosse più alta. (...) L'estate del primo anno tornò alla fattoria di suo padre e lo aiutò col raccolto. Una volta l'uomo gli chiese se gli piaceva andare a scuola, e lui rispose di sì. Suo padre annuì e non tornò più sulla questione."
Riga 6, pagina 16 di 322.
Non c'è molto da dire su questo libro, lo si capisce dalle prime pagine. Eppure, al contempo, parlarne non è per niente facile.
Quella di William Stoner è una vita assolutamente comune, forse straordinaria solo per la sua monotonia. Eppure il romanzo è diventato un apprezzatissimo bestseller e solo leggendolo si può capire il perchè.
Meriterebbe di avere un posto nei libri di letteratura inglese del futuro, perchè Stoner è un elogio all'arte della scrittura, al potere della parola che trasforma l'ordinario in rarità. L'occhio sensibile dell'artista riesce a trovare bellezza in una vita normale, che diventa speciale perchè è la tua vita, o la vita di William Stoner e non può essere di nessun altro. 
Il narratore è una terza persona sensibilmente distaccata: riporta lo scorrere dei giorni, semplici fatti che un qualunque passante un po' curioso può osservare mentre avvengono, uno dopo l'altro, andando a comporre la vita del professore. Ma in qualche modo, la terza persona sembra essere contaminata dall'interiorità di Stoner che si infila inosservata nel racconto e diventa protagonista più di Stoner stesso. L'apatia e la passività apparenti si mescolano con una sensibilità rarissima, nascosta nell'io più profondo e imperscrutabile, chiuso a forza nelle viscere del suo corpo, come fossero un forziere. 
La scrittura è pacata, chiara, sciolta e coinvolgente, anche nei momenti in cui sarebbe normale che diventasse veemente. Ma Stoner rimane impassibile e la maggior parte delle volte soccombe davanti ai disastri della sua vita, ma non ho mai provato pena per lui, nè ho sentito il bisogno che compiesse atti eroici per riscattarsi. Ho anzi ammirato il suo self-control, la sua capacità di adattamento e il normalissimo modo in cui svolgeva i suoi compiti.
Un desiderio comune dell'uomo è quello di vivere una vita che valga la pena di essere ricordata, di sconfiggere l'oblio, di durare negli anni e per far ciò c'è bisogno di fare qualcosa di diverso, di distinguersi, di compiere grandi azioni per finire nei nomi di strade e piazze, nei libri di storia. Stoner invece se ne frega. Così, semplicemente, se ne frega. Asseconda il fato e non si oppone in nessun modo allo scorrere del tempo, eppure ai nostri occhi la sua vita è grandiosa. 
Ci sono, poi, alcuni passaggi, alcuni momenti del libro che contribuiscono a renderlo geniale. Una scena estremamente brillante è il monologo del bar. Dave Masters, uno dei personaggi, prende la parola, ruba il microfono alla terza persona narrante e descrive dal suo punto di vista i due uomini che gli stanno di fronte. Incredibilmente sfacciato e sarcastico, gli dice in faccia difetti e debolezze e dipinge in modo maestrale il loro ritratto.
"Anche tu sei uno dei malati: sei il sognatore, il folle in un mondo ancora più folle di lui. Sei abbastanza intelligente, ma in te c'è il segno dell'antica malattia. Tu credi che ci sia qualcosa qui, che va trovato. Nel mondo reale scopriresti subito la verità. Anche tu sei votato al fallimento. Ma anzichè combattere il mondo, ti lasceresti masticare e sputare via, per ritrovarti in terra a chiederti cos'è andato storto. Perchè ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere."
Arrivata alla fine del libro, non sono rimasta delusa neanche dalle ultime pagine che, straordinariamente, descrivono delicatamente un evento del corso naturale della vita che è ignoto e imperscrutabile. Eppure l'autore sembra aver capito anche questo. Sembra aver capito tutto della vita e ciò che sa ce lo racconta indirettamente nelle pagine di questo romanzo che, pur rimanendo di una meravigliosa semplicità, affrontano temi e dicono cose di fondamentale importanza nella vita di chiunque.
Un libro da leggere, almeno una volta nella vita.


VOTO: 9

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