Qui troverai ciò che vuoi:

sabato 7 febbraio 2015

Il bambino con il pigiama a righe - John Boyne

Il bambino con il pigiama a righe - John Boyne
Pagine: 224
Edizione: RCS Libri
TItolo originale: The boy in the striped pyjamas


TRAMA                                                                            
Leggere questo libro significa fare un viaggio. Prendere per mano, o meglio farsi prendere per mano da Bruno, un bambino di nove anni, e cominciare a camminare. Presto o tardi si arriverà davanti a un recinto. Uno di quei recinti che esistono in tutto il mondo, uno di quelli che ci si augura di non dover mai varcare. 
Siamo nel 1942 e il padre di Bruno è il comandante di un campo di sterminio. Non sarà dunque difficile comprendere che cosa sia questo recinto di rete metallica, oltre il quale si vede una costruzione in mattoni rossi sormontata da un altissimo camino. Sarà doloroso e necessario accompagnare Bruno fino a quel recinto, fino alla sua amicizia con Shmuel, un bambino polacco che sta dall'altro lato della rete, nel recinto, prigioniero.


RECENSIONE                                                                                                                 
Auscit. Il Furio. Le parole e la loro potenza sono ciò a cui bisogna ricorrere per ricordare, richiamare in vita un tratto di storia che avrebbe dovuto essere eliminato nel passato, ma che non può essere eliminato adesso. Parole storpiate, parole che richiamano ad un passato terrificante, parole che passano attraverso un filtro di ignara innocenza: la mente di un bambino.
Pur avendo letto Se questo è un uomo, che è una testimonianza diretta, assistito all'impattante e fortissima Istruttoria di Peter Weiss e pur avendo guardato numerosi film sull'argomento, Il bambino
con il pigiama a righe mi ha angosciata e riempita di rabbia per ciò che leggevo. 
La Shoah, Auschwitz sono argomenti a cui non mi abituerò mai, che mi entrano dentro e mi fanno venire la pelle d'oca ogni volta, in modo particolare se a raccontare è un bambino di nove anni.
La narrazione, infatti, gioca un ruolo fondamentale. Sembra di scorgere la verità attraverso una coltre di nebbia, niente ci viene riferito in modo diretto. 
Bruno si guarda intorno e ciò che vede è semplicemente un mondo da esplorare, senza considerare la malignità inconcepibile che lo permea. Bruno partecipa alla visita di un "ometto coi baffi" di nome Hitler a casa sua senza sapere di chi si tratti, Bruno non capisce il motivo per cui tutta la sua famiglia debba trasferirsi dall'affascinante città di Berlino e alla desolata Auschwitz. Ammira la nuova uniforme del papà, il modo in cui tutti gli portano un reverenziale rispetto, ma quando a scuola la maestra gli domanda che professione eserciti, lui non sa rispondere. Il bambino esce dalla sua stanza da letto e trova il bagno occupato da un tenente, che trascorre lì la notte quando il suo babbo non c'è e alla mattina bisbiglia in un angolo con sua madre. Bruno si affaccia alla finestra e vede una grande costruzione recintata dal filo spinato con tante persone all'interno, vestite tutte allo stesso modo. Mi sono venuti i brividi, quando le sue parole innocue hanno descritto il "panorama", quando si è domandato perchè tutti portassero quel pigiama a righe e perchè alcuni uomini salutassero i soldati prostrandosi a terra, per poi essere portati via di peso; mi sono venuti quando ha chiesto al padre chi fossero quelle persone, per sentirsi rispondere "quelle non sono persone".
Ciò che rende il racconto ancor più terribile è proprio l'oggettività. Si può pensare che le testimonianze siano sempre sconvolgenti a causa del coinvolgimento emotivo di chi le riporta, ma quando la protagonista è l'obiettività impersonata da un bambino di nove anni, una bocca della verità non condizionata da giudizi adulti o dati a posteriori come i nostri, come si può restare indifferenti? La brutalità, la crudeltà, l'ignoranza e la cattiveria gratuita dei personaggi ne risultano immutati, se non peggiorati.
Dall'altra parte della recinzione, anche Shmuel vive la situazione inconsapevolmente ed è forse proprio per questo che riesce a sopportarla.
L'immagine dei due bambini della stessa età, nati nello stesso giorno ed anche simili fisicamente che si guardano attraverso una recinzione, potendosi a malapena toccare, vicini e al contempo distanti, è efficace, perfetta a dipingere due mondi opposti e separati da una sottile linea di confine. Due mondi in cui due bambini senza colpa sono stati sradicati dal loro luogo di nascita per essere portati in un covo di orrore e morte. La loro amicizia dimostra come i bambini nascano buoni e siano, poi, compromessi dalla società e dalla storia che inculca il pregiudizio nelle loro menti candide; il loro anormale rapporto mette in luce come gli eventi di questa portata travolgano anche, e soprattutto, chi non lo meriterebbe.
Il bambino con il pigiama a righe è un breve romanzo che si trova nell'area ragazzi della biblioteca, scritto a caratteri grandi e capitoli brevi, ognuno introdotto da un breve riassunto, come a introdurre una fiaba. Una copertina semplice, un libro all'apparenza innocuo. Io lo consiglierei, invece, anche agli adulti, agli adolescenti più maturi, ai lettori più audaci. Penseranno di affrontare una tematica pesante, ma affievolita e ammorbidita, e scopriranno di essersi sbagliati.


"E mentre lei era lì, un'ultima riflessione sorse nella mente del fratello che osservava le centinaia
di persone indaffarate laggiù: tutti quegli individui erano vestiti uguali.
Indossavano un pigiama grigio a righe e sulla testa portavano un berretto grigio a righe.
"Incredibile" borbottò, prima di distogliere lo sguardo.


VOTO: 8

Nessun commento:

Posta un commento