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giovedì 28 maggio 2015

Il Gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Il gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Pagine: 278
Edizione: Feltrinelli


TRAMA                                                                                 
Siamo in Sicilia, all'epoca del tramonto borbonico: è di scena una famiglia della più altra aristocrazia, colta nel momento del trapasso di regime, mentre già incalzano i tempi nuovi. Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, il romanzo lirico e critico insieme, ci offre un'immagine viva, animata da uno spirito modernissimo.


RECENSIONE                                                                        
Mi era stato consigliato questo romanzo fin da Giugno dell'anno scorso e mi ero sempre ripromessa di leggerlo, senza trovarne le forze. Mi aspettavo la pesantezza da romanzo storico, infinite descrizioni, eppure quando l'ho incrociato lungo il mio cammino per la seconda volta mi sono decisa a dargli una possibilità. 
Fin dal principio, mi ha stupita. La storicità è quasi lasciata in secondo piano, amalgamata all'insieme tanto da risultare irriconoscibile, come succede nelle foto, in cui lo sfondo risulta sfuocato dietro i soggetti in primo piano, definiti. Questi soggetti sono creati e modellati perfettamente da una scrittura immaginifica ed evocativa; l'autore, come una sorta di Mr Gwyn dipinge con le parole dei ritratti fisici e psicologici in maniera maestrale e idea figure che permangono nel tempo. La principale è quella di Fabrizio di Salina, attorno a cui ruotano tutti gli altri personaggi, come fossero ballerini che danzano in cerchio tenendosi per mano, attorno a una possente colonna marmorea. Perchè così è, Fabrizio di Salina: un uomo che già dalla sua prima apparizione ci intima una sensazione  di inferiorità e rispetto, l'ho immaginato come un uomo brizzolato, dalla camminata decisa e composta, il portamento eretto ed autoritario, la voce tuonante.
I due ballerini che si collocano al suo fianco sul podio, aggiudicandosi la medaglia d'argento e di bronzo, sono indubbiamente Angelica e Tancredi. Armoniosi, aggraziati e un po' lussuriosi danzano attraverso ogni capitolo lasciando una scia che, come un filo d'argento, illumina e rischiara tutto ciò che sta attorno. Pur svolgendosi negli anni di Garibaldi e dell'unità d'Italia, pur dipingendo un quadro di vita aristocratica, grazie a loro, la storia raccontata ci si avvicina e ci sembra estremamente attuale. Tuttò ciò, unito a una struttura di capitoli brevi e dalla divisione del romanzo in più parti, permette lo svolgimento di una lettura scorrevole e piacevole; anche nei luoghi più rumorosi e affollati è riuscito a catturarmi e a farmi immergere in un mondo lontano nello spazio e nel tempo. 
La chiusura di una simile opera non può che essere sublime: ho trovato il finale musicale, profondo, impattante; pieno di suoni forti, come quello del mare che viene rievocato. Dopo aver raggiunto il culmine, mi aspettavo che il libro terminasse, ma di nuovo sorprendendomi mi sono trovata davanti un altro capitolo. L'ultimo fotografa un momento di vita della stessa famiglia, ma anni dopo e sembra un po' fuori luogo, separato dal resto, come se il sipario si fosse già dolcemente chiuso, avvolgendo il pubblico nella sua aurea bordeaux e poi poche figure fossero rientrate a rompere l'incantesimo. Arrivando, però, alle ultime parole si capisce che si è trattato di un intervento necessario. Il romanzo termina (questa volta per davvero) con un'immagine un po' cinica, un po' sfacciata e incurante; l'immagine di un epoca e di una classe sociale che crolla a pezzi, che precipita verso il suolo per lasciar spazio a una nuova era.

"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi."


VOTO: 9

1 commento:

  1. Concordo su tutto: ho amato questo libro, e quando l'ho finito non riuscivo a capire perchè mi spaventasse così tanto. Il principe Fabrizio è un personaggio sublime.

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