Pagine: 266
Edizione: Mondadori
Titolo originale: The virgin suicides
TRAMA
Un narratore collettivo, voce di un gruppo di coetanei maschi, rievoca a vent'anni di distanza la vicenda delle cinque sorelle Lisbon, oggetto proibito della loro adolescenza, avvolte in un'aura di mistero che la tragica fine comune - si sono tutte tolte la vita nel breve spazio di un anno - ha fissato per sempre. Nella memoria di questi antichi, tenacissimi spasimanti, esse divengono il simbolo di una possibilità remota e perduta: l'irruzione di un fremito ignoto nel mondo tranquillo, ordinario, opprimente dell'America suburbana degli anni Settanta.
RECENSIONE
Cecilia, Bonnie, Lux, Mary, Therese.
Tagli sui polsi, voli da una finestra, una testa nel forno, il monossido di carbonio di un auto, una corda appesa al soffitto, una smisurata quantità di sonniferi.
Le cinque sorelle Lisbon sono giovani e carine, ma fin dall'inizio (il titolo è già di per sè uno spoiler) sappiamo che il destino che le attende non è brillante. Questo libro non è un giallo, non si basa su indagini o suspence da batticuore; non c'è bisogno di mantenere segreto il finale. E' un documentario scritto, una raccolta di informazioni sulla morte, più che sulla vita, di cinque sorelle che in un piccolo e noioso paesino erano diventate l'ossessione quasi morbosa di un gruppo di ragazzi. Erano le cinque attrici illuminate sullo schermo di un cinema, mentre il pubblico davanti a loro era oscurato. I giovani ammiratori sono solo ombre parlanti, che riportano testimonianze dirette e indirette, ma che non si considerano abbastanza importanti da dirci il loro nome, come se non volessero togliere l'attenzione dalle star dello show.
Il libro inizia col botto. Fin dalla prima pagina è scorrevole, coinvolgente, non si riesce letteralmente a smettere di leggere. L'ho iniziato di notte, ero stanca e mi son detta che avrei letto una pagina o due prima di dormire, ma invece di un po' di pagine ho letto un po' di capitoli e il pentimento è arrivato solo la mattina dopo.
E' Cecilia a dare inizio alle danze, il suo primo piano ben fissato dalla cinepresa, che poi si sposta ad inquadrare una vasca da bagno, una macchia di sangue, i polsi tagliati. Per un bel po' di capitoli tutto sembra ruotare attorno a lei: le stanze di casa, una festina nel seminterrato, il giardino, la scuola.
Il documentario prosegue dipingendo le reclusione delle ragazze e il degrado della casa sia all'esterno che all'interno, nei muri e in chi la abita. La condizione in cui vivono è portata all'estremo, ai limiti del reale e dell'immaginabile. E' come se fossero all'interno di una favola distorta e in contrasto con sè stessa: i loro capelli sbarazzini, le loro gonnelline e l'ammirazione che tutti hanno di loro le fanno sembrare principesse, ma in realtà la loro vita è molto peggio di quella di Cenerentola e sembra che nessuna fatina possa salvarle e portarle dal principe azzurro. Si può dire che la matrigna sia composta da due persone in uno stesso corpo: la madre, troppo presente, e il padre, troppo assente. La madre è possessiva, bigotta, rappresenta l'amore materno soffocante; il padre è succube, passivo, un complice della sconsideratezza della moglie.
Dopo la detronizzazione di Cecilia, la corona si posa sul capo di Lux, di certo la mia preferita. Lux è delle quattro la più ribelle, la più stilosa, la più anticonformista. Spicca tra tutte le testoline bionde delle altre e sembra essere l'unica che si può salvare, l'unica che non si farà schiacciare dagli opprimenti muri di casa e che combatterà con tutte le sue armi: sigarette, relazioni amorose decisamente poco caste, occhiate sensuali e vestiti che lasciano poco all'immaginazione. Ma dietro tutto questo sembra nascondersi una grande tristezza cronica, come se tutto il resto fosse solo un'armatura per non lasciar vedere ciò che la divora dall'interno.
Mi sarei aspettata che, dopo tutta la cura dedicata a descrivere le prime due sorelle, il testimone sarebbe passato di mano in mano tra Bonnie, Mary, Therese, ma questo non avviene. Mi è sembrato un trattamento poco equo che due delle cinque vengano messe sul piedistallo e che le altre vengano lasciate nell'ombra, oltretutto perchè tutto lo spazio che sta in mezzo tra l'inizio e il finale è una narrazione lenta e monotona che si sarebbe potuta utilizzare meglio.
L'unica altra cosa che mi è piaciuta molto, oltre al personaggio di Lux, è stata l'ironia distaccata con cui l'autore sembra prendere in giro i giornalisti e i medici che si occupano del "suicidio patologico" delle cinque sorelle: chi le ritrae come cinque sataniste dal comportamento eretico e peccaminoso, chi costruisce attorno a loro castelli di carta solo per fare scalpore. Ma soprattutto, la superficialità (purtroppo comune) di chi si limita a biasimarle senza indagare le cause, di chi definisce il suicidio come un virus che la prima di loro ha sparso nella casa infettando le altre.
Finalmente, ormai quasi giunto al termine, il libro si riscuote e si conclude con un monologo di grande enfasi oratoria del narratore.
Un libro con un bell'inizio e un bel finale, ma con in mezzo una vallata che si sarebbe potuta riempire di terra fino a raggiungere il livello degli altri due picchi.
"Non riuscivamo a immaginare il vuoto interiore di un essere umano che si accostava un rasoio al polso e si apriva le vene: il vuoto e la calma. E abbiamo dovuto imbrattarci il muso nelle loro ultime tracce, orma fangose sul pavimento, bauli calciati via, respirare per sempre l'aria delle stanze dove si sono uccise. In fondo non contava quanti anni avessero, o che fossero delle ragazze, ma solo il fatto che le avevamo amate e che loro non avevano udito il nostro richiamo."
VOTO: 6,5
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